Ci sono una Napoli e una Campania sconosciute ai più, poco visibili, quasi «clandestine» rispetto allo strapotere mediatico, opinionistico e finanziario di cui godono associazioni e fondazioni. Eppure si tratta di piccole realtà che esistono, di operatori che con entusiasmo e passione praticano la politica del fare, lavorano senza particolari supporti economici su progetti concreti in contrasto con la «politica» dello sperpero di danaro pubblico e privato, di finanziamenti a istituzioni vecchie e nuove sproporzionati rispetto a finalità, utilità e spazi culturali occupati.
Il museo di San Marco dei Cavoti, un paese di poco più di 3000 abitanti in provincia di Benevento, ad esempio, istituito nel 2011 e inaugurato nel 2016 è diventato realtà grazie al palazzo nobiliare della famiglia Jelardi di tre piani che aspettava solo di essere destinato a una finalità altrettanto nobile. Il Modern (Museo osservatorio didattico espositivo e di ricerca sul novecento) è uno spazio culturale polivalente di circa 500 mq e tredici sale arredate con mobili d’epoca più altre quattro dedicate al Museo della Pubblicità, del Packaging e del Commercio. I due musei occupano l’intera superficie del sottotetto del palazzo Jelardi, un edificio realizzato alla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento su committenza del Cavalier Jelardi alla cui morte passò a due dei suoi figli e poi, nel corso degli anni, a varie generazioni di discendenti che ne sono tuttora proprietari.

DAL 2011 AL 2016, previo finanziamento pubblico, il palazzo è stato restaurato e le mansioni di direzione, custodia e guida sono state affidate al giornalista, scrittore e collezionista Andrea Jelardi, il più giovane degli eredi (con la gestione a cura dell’Associazione «Noi del ’63 e dintorni«), il quale ha concesso al museo stesso sia gli arredi sia le proprie collezioni di oggetti pubblicitari, libri e giornali, nonché l’archivio familiare. Un museo davvero di respiro e dimensione europei (realizzato senza finanziamenti con la sola collaborazione del Comune di San Marco) che comprende una biblioteca di nove sezioni: arte e architettura, medicina, dizionari ed enciclopedie, agraria, letteratura italiana e storia, religione, turismo e meridionalistica, storia del Sannio, un’emeroteca, nonché elettrodomestici d’epoca, bambole, dischi e film e un archivio che include tra l’altro quello privato della famiglia Jelardi con documenti del XIX secolo. Il fiore all’occhiello è il Museo della Pubblicità, il primo e unico museo italiano sull’argomento.

SONO ESPOSTI circa 600 esemplari tra articoli pubblicitari, insegne, confezioni, imballaggi, cataloghi e altro materiale promozionale di epoca compresa tra la fine dell’Ottocento e i giorni nostri. Si possono ammirare, tra gli altri, alcuni allestimenti di un bar-tabaccheria, di un’officina meccanica, di un’edicola, di una taverna e di uno studio medico, manifesti di varie epoche, cartelli di propaganda del ventennio fascista, scatole di latta, flaconi di medicinali, prodotti cosmetici, contenitori in cartone di panettoni, svariati gadget da réclame (radio, ventagli, orologi), bottiglie di vini e liquori, confezioni di tabacco, barattoli di caffè, posacenere, calendari, bicchieri, specchi pubblicitari, fatture commerciali di fine Ottocento e primi Novecento, una carrozzina per bambini, un grande barattolo di latte in polvere americano e una Lambretta Innocenti. Ma il pezzo forte del museo è diventata la sezione dedicata ad Alighiero Noschese, che sta riscuotendo molto successo tra le scolaresche con visite guidate e i turisti che visitano la struttura. Nella sezione sono esposti materiali vari, cimeli, articoli, registrazioni radiofoniche e televisive raccolti negli anni dallo stesso Jelardi studioso appassionato del grande attore/imitatore (sul quale ha scritto anche un libro Alighiero Noschese. L’uomo dai 1000 volti pubblicato nel 2018 dall’editore napoletano Kairós) e alcuni donati da Andrea Cacciapuoti, titolare con il fratello Antonio dell’omonimo bar del Vomero nonché pasticciere di fiducia della famiglia Noschese, che ha ritenuto di lasciare in buone mani materiali preziosi.