Marguerite Yourcenar nel suo Memorie di Adriano non ha avuto esitazioni: «Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire». Se mantenere la memoria significa partecipare del corpo a corpo con il tempo, avere una pratica dell’attenzione verso le biblioteche esistenti che oggi rischiano la chiusura corrisponde all’arretramento dell’aridità politica in cui sono finite, loro malgrado. Anche quando le priorità sembrano altre.

«Sarebbe ammissibile chiudere un centro commerciale o lo stadio Adriatico?». Se lo domanda il trentunenne Andrea D’Emilio, arrestato il 14 maggio dopo essersi incatenato all’interno della biblioteca Gabriele D’Annunzio di Pescara che, come molte altre in tutta Italia, si sta candidando alla fine delle attività in seguito alla legge Delrio.

L’intento è stato quello di porre all’attenzione della Regione la situazione in cui versa una biblioteca pubblica che vanta più di duecentomila libri – dal 2010 gestisce inoltre l’Archivio storico dell’Ente – e che ancora non conosce il proprio destino visto che dopo il pasticcio istituzionale non si sa ancora ed esattamente che fine debba fare la delega alla cultura sottratta alle province, e chi possa prendere in carico una situazione imbarazzante e ormai esplosiva. Tuttavia il motivo della resistenza passiva di D’Emilio è ben più ampio; dal 2014 a oggi la biblioteca non riceve finanziamenti per l’acquisto di nuovi libri e periodici anche se è dal 2000 che le erogazioni previste sono state disattese, per non parlare del fatto che dal 2011 allo scorso giugno – a causa di lavori di manutenzione – il prestito è stato sospeso per trenta mesi provocando il malcontento di chi pensa alla biblioteca come luogo vitale di scambio appartenente alla comunità.

Non dovrebbe esserci bisogno di ricordare infatti che le biblioteche di ente locale pur essendo in alcuni casi luoghi di conservazione essenziali sono soprattutto istituti di scambio sociale e culturale che hanno un significato preciso per chi le frequenta e le utilizza. Basterebbe forse consultare chi le abita prima di immaginare leggi inefficaci che le trascinano in una palude senza scampo. È appena il caso di ribadire la centenaria storia che la maggior parte di queste biblioteche possiedono, insieme alle difficoltà che bibliotecari e bibliotecarie affrontano quotidianamente per tenerle ancora aperte.

Domenica scorsa si è svolta una manifestazione in piazza Salotto a Pescara per sostenere la battaglia di Andrea D’Emilio – rilasciato in vista dell’udienza del 17 giugno – e per denunciare la condizione di abbandono in cui versa la biblioteca. Chissà che prima o poi qualcuno risponda con serietà alle tante proteste di donne e uomini che non solo in Puglia chiedono un po’ di cura politica verso le biblioteche pubbliche, verso i libri e soprattutto verso chi ci lavora.