Una cupola per gli appalti e le “grandi opere” a Cosenza. Un ginepraio di prebende e finanziamenti pubblici truffaldini. La Calabria e i suoi vertici sconquassati dall’ennesimo terremoto giudiziario. Mario Oliverio, presidente della Regione, di nuovo indagato dopo la vicenda dell’inchiesta «Lande desolate», per cui era finito agli arresti con obbligo di dimora nella natia San Giovanni in Fiore nell’autunno scorso. Nuovo avviso di garanzia anche per l’ex consigliere regionale Nicola Adamo (Pd). Ma, stavolta, per entrambi l’accusa è di associazione a delinquere.

LA PROCURA DI CATANZARO, infatti, li ritiene a capo di una presunta cupola formata da politici, tecnici e imprenditori che «determina tutto ciò che c’è da determinare nel settore degli appalti pubblici», con Adamo che è sospettato anche di aver piazzato «uomini a lui fedeli nei settori chiave dell’amministrazione». Nel mirino due grandi opere pubbliche in via di definizione: la metroleggera di Cosenza-Rende (vedi il manifesto del 19.10.2013) e il nuovo ospedale da costruire sempre nella città dei bruzi. In entrambi i casi, il sospetto è che la gestione di questi due affari abbia dato luogo a una serie di turbative d’asta, frodi nelle pubbliche forniture ed episodi di corruzione. Proprio quest’ultima è l’accusa mossa al sindaco cosentino Mario Occhiuto (Fi), oggi candidato in pectore alla Regione per la destra.

INIZIALMENTE contrario al progetto Metro, Occhiuto avrebbe barattato il proprio assenso con la promessa di finanziamenti per il Museo di Alarico già oggetto, rilevano gli investigatori, «di una gara d’appalto illegittima».

Nell’avviso di conclusione delle indagini è scritto che Oliverio e Adamo sarebbero promotori di un’associazione per delinquere finalizzata a «commettere una serie di delitti contro la Pubblica amministrazione». Oliverio è ritenuto «il referente politico istituzionale degli associati, nonché degli amministratori pubblici e degli imprenditori in ordine agli sviluppi delle procedure di gara pubbliche bandite dalla Regione e di interesse dell’associazione, nonché alle vicende politiche ed istituzionali correlate alle stesse».

Nell’inchiesta, il primo cittadino di Cosenza è anche parte offesa. Un capitolo, infatti, è riservato agli eventi del 6 febbraio 2016, quando il suo primo mandato si concluse in anticipo per via delle dimissioni anticipate dei consiglieri comunali. Tra questi anche Luca Morrone (Fi), figlio del consigliere regionale Ennio Morrone, al quale in cambio la coppia Adamo-Oliverio avrebbe promesso un posto da vicesindaco nella giunta post Occhiuto o, in alternativa, un incarico in Regione. Morrone è indagato per traffico di influenze illecite al pari di Luigi Incarnato (Psi), anche lui consigliere regionale, che avrebbe esercitato la propria influenza su altri consiglieri «congiurati».

GLI AVVISI DI GARANZIA notificati ieri sono in tutto venti. L’inchiesta rimuove, finalmente, il velo sulla grottesca vicenda del Museo di Alarico che si scopre essere legata a doppio filo alla metro leggera Cosenza-Rende. Inizialmente contrario al progetto, il sindaco di Cosenza avrebbe barattato il proprio assenso con la promessa di finanziamento per il museo già oggetto, rilevano gli investigatori, «di una gara d’appalto illegittima».

Il movimento No Metro ha gioco facile nel ribadire ciò che aveva denunciato nelle tante manifestazioni di piazza degli ultimi anni. «In questi anni, la retorica dello sviluppismo e delle grandi opere è servita solo a coprire gli affari di una borghesia mafiosa che, arricchendosi con i soldi pubblici, ha impoverito i calabresi rendendo questa terra invivibile – commenta Delio Di Blasi, dirigente Cgil e animatore dei comitati locali -. Sono state denunciate infiltrazioni di ’ndrangheta sia nella costruzione degli impianti sciistici della Sila che di un’aviosuperficie a Scalea, nella realizzazione di un mega parcheggio in centro come nella progettazione della stessa metrotranvia di Cosenza, un’opera inutile da 160 milioni di euro appaltata alla Cmc di Ravenna che si prova a realizzare contro la volontà dei cittadini e violando molte norme sugli appalti e la tutela paesaggistica ed ambientale del territorio. L’inchiesta dimostra solo, se mai ce ne fosse stato bisogno, che abbiamo fatto bene a contrastare le scelte irrazionali e scellerate della lobby del cemento».

Oliverio, da parte sua, parla di gogna mediatica: «Contro di me un accanimento giudiziario cominciato dal primo giorno del mio insediamento».