«Le sto provando tutte». Antonio Decaro è sindaco di Bari da due mesi. Nel giro di pochi anni è passato da consigliere comunale a regionale, poi a parlamentare e ora a primo cittadino moderatamente renziano. Il caleidoscopio degli incarichi istituzionali lo ha temprato al pragmatismo assoluto: per questo è il primo sindaco d’Italia ad aver lanciato quello che lui chiama “cantiere di cittadinanza” creando un’alleanza con la Regione Puglia guidata da Nichi Vendola.

Bari è uno dei capoluoghi di regione che per l’Istat a luglio ha fatto segnare la deflazione più marcata: meno 0,3 per cento su base annua. E’ preoccupato?

Sono preoccupato nelle stessa misura in cui lo sono per tutto il Paese. La deflazione colpisce al Sud come al Nord, è un problema legato all’economia, alla recessione, alla mancata crescita. Il calo dei prezzi potrebbe sembrare un vantaggio per le famiglie, ma è l’ennesimo sintomo della crisi.

Gli 80 euro di Renzi non hanno fatto ripartire i consumi come sperato e l’Italia è in recessione. Come se lo spiega?

Gli 80 euro hanno permesso di tamponare una situazione. Senza quelli non so cosa sarebbe successo. Ogni martedì ricevo venti famiglie in difficoltà. Il quadro che esce da questi incontri è devastante, c’è un disagio sociale fortissimo legato alla perdita di lavoro. Un disagio che va allargandosi a famiglie che fino a pochi anni fa stavano bene. Famiglie che ormai guadagnano anche solo 400 euro al mese. Ebbene, gli 80 euro per loro sono stati un aumento del 20 per cento delle entrate.

Come Comune riuscite a fare qualcosa per combattere la povertà o i tagli continui portati avanti dai vari governi ve lo impediscono? Lei ha appena lanciato il “cantiere di cittadinanza” per le persone più disagiate note ai servizi sociali: avranno 400 euro al mese, lavoreranno in cooperative sociali.

Sì, partiremo negli ultimi due mesi del 2014 e poi per tutto il 2015. Io già come parlamentare Pd avevo lanciato la proposta del reddito di cittadinanza, ma l’Ue non consente di finanziarlo. Così ho pensato di lanciare qualcosa che fosse lontano dall’esperienza – per me negativa – dei Lavori socialmente utili. L’idea è quella di consentire alle famiglie più in difficoltà di poter avere un lavoro e un reddito minimo per un anno. Assieme alla lega delle cooperative vogliamo lanciare delle coop sociali: ad esempio per la gestione dei servizi turistici nel centro storico o nella gestione delle spiagge. Per un anno avranno 400 euro al mese e speriamo possano apprendere una professionalità che consenta loro di essere assunti. In più stiamo firmando un protocollo con l’Ance per far lavorare queste persone nei cantieri. Insomma, le sto tentando tutte.

Dove ha trovato i soldi – 400mila euro per il 2014, ma 2,4 milioni per il 2015 – per finanziare il progetto?

In parte utilizzando i fondi straordinari che il Comune usava per il contrasto della povertà. Poi con un’alleanza con la Regione Puglia che ha avuto la nostra stessa idea. Usando fondi europei vogliamo essere il Comune che sperimenta questo strumento, per poi allargarlo alle altre città della Puglia.

Lei viene definito un renziano moderato: non pensa che il governo abbia già esaurito la sua spinta propulsiva?

No, spero proprio di no. Anche perché se non ce la fa Renzi, non so chi potrebbe farcela: è l’ultima speranza per gli italiani. Sulle riforme ha appena fatto un miracolo, farsi votare dai senatori la loro estinzione. Ora però bisogna dare la priorità al lavoro e alla ripresa. Bisogna fare un Piano per il Lavoro…

E’ il nome usato dalla Cgil…

Traducevo in italiano “Jobs act”. Chiamiamolo come vogliamo, ma servono un insieme di provvedimenti per creare subito lavoro: detassando le assunzioni, favorendo gli investimenti pubblici e privati. Deve essere la priorità e deve essere chiuso in fretta.

E invece prima arriverà la Legge di Stabilità. E si parla di altri tagli agli enti locali. Come Anci cosa chiedete al governo?

A Bari abbiamo un bilancio da 450 milioni di cui il 75% vengono ormai da entrate proprie, tasse e multe. Non c’è niente da tagliare e la spesa sociale è solo di 70 milioni. Se potessi fare una sola richiesta, direi l’uscita dal patto di stabilità dei co-finanziamenti ai fondi europei. Oggi per usare 75 euro di fondi Ue devo usarne 25 miei, ma quei 25 mi fanno sforare il patto interno. E quindi non li posso usare.