Il film-intervista di Oliver Stone, acclamato regista che non ha bisogno di presentazioni, a Vladimir Putin ha già fatto il giro del mondo. Trasmesso in prima serata da Showtime in quattro puntate nel giugno scorso, è stato presentato poi dalla Rai, in Italia, in una versione ridotta.

ORA MARSILIO ha pubblicato la trascrizione integrale della conversazione (Oliver Stone intervista Vladimir Putin, pp.336, euro 16): ormai da anni, anche in Italia, Putin è diventato un fenomeno – ancor prima che politico di costume – che attira in egual misura simpatia e avversione.
L’intervista, realizzata in più sessioni, copre la tormentata fase della politica internazionale che arriva fino all’ascesa alla Casa Bianca di Trump. È una grande occasione per il presidente russo di parlare senza filtri al pubblico americano – e in primo luogo a quello di fede democratica. Ma Putin lo fa senza ammiccare. Quando Stone attacca violentemente gli Usa per il loro intervento in Iraq, Putin replica tranquillo: «So quanto lei è critico nei confronti della politica statunitense. Non provi però a trascinarmi nell’antiamericanismo».

È IL SOLITO PUTIN misurato. «Dopo il collasso dell’Unione Sovietica abbiamo perso il 40% delle nostre risorse produttive – dice – e abbiamo ereditato un sistema di gestione economica datato e fatiscente… perciò non esageriamo la nostra importanza. E non abbiamo bisogno di assurgere allo stato di superpotenza». Una valutazione sobria che è in linea con una lettura della politica estera russa in chiave difensiva che però non esclude puntate su arene più vaste di quella del «Vicino Estero».

MENO SPAZIO viene dedicato alla politica interna russa in cui Stone sembra non trovarsi a suo agio. Alcune pagine interessanti sono dedicate alla questione della democrazia: «Di sicuro il sistema sovietico ha ereditato moltissimo dall’impero, anche se il nome sulla targhetta è cambiato…Non si può certo pensare di adottare all’istante le stesse strutture degli Stati Uniti, della Germania o della Francia… Ogni società come ogni organismo vivente deve svilupparsi per gradi». Una riflessione che rimanda ai ritmi della formazione delle democrazie occidentali come modelli planetari indiscutibili.

MA QUANDO Putin passa a comparare i sistemi politici russo e americano mostra tutti i suoi limiti formalistici: «Posso chiederle quanti partiti siedono nel Congresso degli Stati Uniti? Eppure nessuno si azzarda a dire che negli Stati Uniti c’è meno democrazia che in Russia dove abbiamo quattro partiti in parlamento…». Per Putin la democrazia politica non solo si riassume nel suo sistema parlamentare, ma non prevede, se non formalmente, l’alternanza al potere. Non è un caso che lungo 18 anni, nessun partito russo sia stato in grado di sfidarlo seriamente nell’arena elettorale. Ma con un’avvertenza: vale la pena di riflettere sulle parole di Sergio Romano, già ambasciatore a Mosca, quando sostiene che la «russofobia» odierna e l’accusa (fondata) di autoritarismo di tante cancellerie nei confronti del regime di Putin sia diventata uno schermo per non indagare i processi di degenerazione delle democrazie occidentali.
Nel libro si sviscerano molti altri temi: dai rapporti con la Cina fino al Russiagate. Oliver Stone, però, evita di affrontare accuratamente i «grandi buchi neri» della storia recente russa: dalla tragedia della seconda guerra Cecena con l’appendice dell’assassinio di Anna Politkovskaja alla morte per assunzione di un veleno letale dell’ex agente del Fsb a Londra Litvinenko, per il quale la procura inglese ha accusato direttamente l’entourage putiniano.

E MENO INTERESSANTE risulta la parte biografica legata alla gioventù e agli esordi del presidente russo, almeno per chi ha avuto l’occasione di leggere la lunga conversazione uscita con il titolo In prima persona nel 2000, subito dopo il suo insediamento, e passata a suo tempo inosservata. Utilissime, invece, le molte note e i rimandi bibliografici, seppur solo di lingua inglese, presenti a piè di pagina.