Mi sembrate animali abbandonati in pascoli abusivi». Così un ragazzo disabile della comunità di Capodarco descrive Matteo Amati e i suoi compagni della cooperativa di Castel di Decima, alle porte della Capitale. Sul sito internet della cooperativa, «Agricoltura Nuova», si possono vedere anche le foto di questi animali.
La didascalia, accanto all’immagine che ritrae la marcia per l’occupazione delle terre del 2 luglio 1977, spiega: «la cooperativa nasce per iniziativa di un gruppo di giovani disoccupati, braccianti e contadini con due obiettivi principali: creare occupazione in agricoltura; e impedire l’edificazione di un vasto comprensorio di elevato pregio ambientale». Il libro di Amati (Animali abbandonati in pascoli abusivi. Un ’68 diverso, Viella, pp. 116, euro 19) racconta questa storia e ci restituisce uno spaccato di vita collettiva che non aveva ancora trovato una voce narrante.

IL LIBRO è un’autobiografia – dai primi passi politici dell’autore fino alle ultime esperienze istituzionali –, ma si può leggere come un romanzo a più voci. A convincere Amati a prendere la penna in mano è stato lo scandalo di Mafia Capitale, che ha associato al mondo delle cooperative l’etichetta di «malaffare». E alla crisi del suo mondo, quello della sinistra, sono dedicate le pagine più amare del libro, che descrivono l’ultima rottura con il partito e chiudono il cerchio aperto nel ’68, dal quale prende le mosse la narrazione. Come in altre biografie dei «lunghi anni Sessanta», all’origine del percorso c’è lo scontro con il padre. Amati decide di lasciare gli studi universitari, tradendo il sogno di riscatto sociale, disobbedisce alla leva militare e va a vivere con don Roberto Sardelli alle baracche dell’Acquedotto Felice sull’Appia antica. Con don Roberto impara a lavorare la terra, impratichendosi in quel lavoro manuale che sarà prezioso nel suo bagaglio di conoscenze. Ma anche a mettersi in gioco nella lotta: prima per l’acqua, poi attraverso la scuola, la 725 (dal numero della baracca che la ospita), e quindi nella battaglia più importante per la soluzione del problema abitativo. Questa arriverà con la complessa operazione di trasferimento tra Ostia e Spinaceto. Seguirà l’approdo del nostro autore a Capodarco (da don Franco Monterubbianesi), dove il raggio di esperienze e conoscenze si allarga alla sfera del volontariato con i disabili, anche in questo caso con sperimentazioni d’avanguardia.

ARRIVIAMO così alla cooperativa Agricoltura Nuova. La metà degli anni Settanta è una fase vitale per un intero movimento di cooperative che sta fiorendo in tutta Italia, soprattutto nel Mezzogiorno. L’occupazione di Le Tre Decime, tra la via Pontina e la Laurentina, è sostenuta dalle sezioni locali del Pci, e da un dirigente nazionale di peso quale Pio La Torre. Il racconto di episodi e aneddoti permette di respirare l’atmosfera di quella sorta di comune agricola alle porte della città in cui già si praticano la filiera corta e la produzione biologica.
Nell’introduzione Guido Crainz descrive la testimonianza di Amati come quella di «un’Italia diversa. Minoritaria per vocazione e per essenza, generosa per natura e per scelta» e suggerisce come titolo alternativo del libro «altri Sessantotto». Ma forse, in fondo, anche questo racconto è semplicemente una storia del lungo ’68.