Una categoria in via d’estinzione quella dei musicisti che credono in ciò che fanno, lo sanno fare benissimo, e a costo di fatiche che molti troverebbero sproporzionate, rispetto agli esiti commerciali, vanno avanti «in direzione ostinata e contraria». Prendete ad esempio un chitarrista compositore (e anche songwriter) eccelso come Beppe Gambetta. Ha all’attivo una discografia impressionante, ha riscoperto e valorizzato i tesori acustici dei «virtuosi delle corde» italiani che passarono l’oceano a partire dalla fine dell’Ottocento, innervando di buone note la grande famiglia di musiche afroamericane, è uno dei maggiori esperti al mondo di flatpicking, l’arte difficile di eseguire linee melodiche anche molto complesse e veloci a colpi di plettro, per gran parte dell’anno risiede negli States, è un didatta di fama internazionale.

Eppure nulla è regalato, per lui: ma si tiene perché c’è dietro una grande storia d’amore, alla fatica. Con il suo strumento, con la sua compagna, con le mille persone da raccattare in giro per il mondo che amano ancora la musica acustica, con i maestri anziani che possono insegnare sempre qualcosa di nuovo. Con la bellezza dei posti e degli incontri, con la cucina: perché Gambetta è anche un cuoco provetto.

Di tutto questo trovate ampia, divertita e spesso ironica trattazione in Dichiarazioni d’amore (Il Piviere edizioni) un libro riccamente illustrato, con partiture e intavolature finali e, ad ogni fine capitolo, una ricetta del nostro. Una miniera di aneddoti, ricordi, racconti che possono essere irresistibilmente comici o agrodolci, sempre scritti con una grazia colloquiale che rispecchia la gentilezza del personaggio. Due libri in uno con un raccordo segreto (ma non troppo) che scoprirete presto in Un nastro rosa a Abbey Road di Donato Zoppo (Pacini), con introduzione di Alberto Fortis.

Il giornalista, saggista e conduttore radiofonico racconta qui, come da sottotitolo, «Il 1969 dei Beatles il 1979 di Lucio Battisti», due momenti cruciali di snodo, per la cultura popular contemporanea, in cui arrivarono a maturazione due diverse carriere pronte a deflagrare verso altri orizzonti estetici, altre possibilità da scoprire «solo vivendo». Il ’69 del gruppo più famoso del mondo è il crinale drammatico oltre il quale il quartetto di Liverpool non ci sarà più. Il ’79 di Battisti il punto estremo oltre il quale il formidabile connubio creativo Mogol-Battiti sarà solo un ricordo, e il futuro tutto da ri-costruire.