Il listone per le europee sfuma definitivamente, ma all’assemblea nazionale di domenica 17 marzo Nicola Zingaretti chiederà il mandato «per una lista aperta e con il marchio europeista». In pole position il nome «Pd-Siamo europei» perché sia chiara l’inclusione nel progetto anche del manifesto dell’ex ministro Carlo Calenda.

Ieri pomeriggio l’incontro nella sede di +Europa si è concluso con il no definitivo alla corsa comune. Ma senza traumi né rotture, in vista delle alleanze per le prossime politiche: «Saremo distinti ma non avversari perché la battaglia per un’Europa rinnovata è comune», dice il neoleader, Al confronto c’era il segretario Della Vedova, Emma Bonino, Bruno Tabacci e ’amministratrice Silvia Manzi. +Europa correrà sola per intercettare elettori che, spiega Della Vedova, «con una lista unitaria con il Pd non sarebbero stati convinti», l’obiettivo è raccogliere i voti di chi ha «un profilo distinto da quello di quanti si identificano negli eurosocialisti». Se eletti aderiranno all’Alde, il gruppo dei liberaldemocratici. C’è anche un aspetto più prosaico: una volta acciuffato il quorum del 4 per cento, la lista avrebbe più eletti. E in ogni caso in vista degli accordi per le politiche meglio ’pesarsi’.
Deluso Calenda: «Il fronte unitario delle forze europeiste non ci sarà. È un grave errore. Peccato», twitta. Ma non annuncia il suo ritiro, segno che la sua corsa continua (per ora, almeno) nella lista «aperta» del Pd. Nei prossimi giorni Zingaretti incontrerà anche i rappresentanti dei Verdi e di Italia in comune, il movimento civico di Pizzarotti. Il copione sarà lo stesso. Collaborazione e convergenza in vista delle politiche. Ma non alle europee. Domani depositeranno il loro simbolo comune. Se eletti siederanno nel gruppo dei Verdi: «Restiamo pronti ad allargare il progetto a Volt e a +Europa», dice Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri e coordinatore di Ic.

Così, ricapitolando, nel campo progressista le liste sono tre, al momento: Pd-Siamo europei, +Europa e Verdi-Italia in comune. Per il Pd non è lo scenario migliore per la corsa al sorpasso dei 5 stelle, ma il realista Zingaretti guarda più lontano, all’alleanza ampia per le politiche. Alla loro sinistra, fuori dalla prospettiva di una futura coalizione (finora), alle europee ci sarà la lista nata dalla convergenza fra Sinistra italiana, Rifondazione comunista, Altra Europa, a cui dovrebbero aderire anche liste civiche comunali. Saltano il giro De Magistris e Potere al popolo. Ma il sindaco di Napoli annuncia: «Non credo che il governo cada» ma quando sarà il momento «sarò uno di quelli che si candideranno a guidare il paese».

Con pazienza Zingaretti comincia dunque a raddrizzare la barra del Pd. Presto cambierà anche la sede del partito, nella Capitale. Al Nazareno escludono il trasloco alla Città del sole al Tiburtino anticipata da Repubblica (sconsigliabile anche perché la proprietà dell’immobile è del costruttore Parnasi, oggi nei guai). Al vaglio tre stabili, tutti e tre sulla Via Ostiense. Che è un po’ la Rive Gauche di Roma, nella zona dell’Università, della trasformazione urbana dei Mercati Generali, del Food district e dei locali dei giovani, del Gazometro e del film Le fate ignoranti di Ozpetek. Ma anche nel quadrante del Tufello, del Pigneto, di Cinecittà: quella cintura popolare dove le sinistre hanno ancora un radicamento.