Nelle 48 ore a disposizione per raccogliere l’immondizia «vicino ai siti sensibili di Roma come ospedali, mercati e ristoranti», intimate nel do ut des del governatore del Lazio Nicola Zingaretti all’Ama nell’ordinanza che individua gli impianti a disposizione della Capitale, l’azienda dei rifiuti controllata dal Campidoglio è riuscita a ripulire solo 360 postazioni e a posizionare 200 dei 300 nuovi cassonetti da distribuire.

Di più non si poteva fare evidentemente perché, come riferiva domenica il Corriere della Sera, «350 compattatori su 700 sono fermi, e circolano appena 800 dei 1900 autoveicoli in dotazione per il ritiro a domicilio». E soprattutto, dei «4.000 netturbini dell’Ama (su 7.560 dipendenti) organizzati ogni giorno in quattro turni da mille», in mille risultano nelle ultime settimane «inabili al servizio di raccolta», per via di malattie sviluppate sul lavoro (mille deve essere il numero magico dell’Ama, perché è lo stesso dei dipendenti assunti a suo tempo dall’allora sindaco Gianni Alemanno). Ed è uno dei motivi per i quali nella Capitale lo spazzamento manuale delle strade – oltre alla raccolta dei sacchetti – è stato sospeso, col risultato che sappiamo.

ANCHE QUESTO PROBLEMA, che è uno di quelli «strutturali» dell’”emergenza” romana, insieme alla mancata autonomia impiantistica, dovrà essere affrontato dalla «cabina di regia permanente per la riorganizzazione del servizio di pulizia e il decoro della città di Roma» che è stata istituita ieri con un’intesa siglata in Campidoglio dalla sindaca Virginia Raggi, dalla nuova presidente dell’Ama, Luisa Melara, e da tutti i sindacati di categoria. Un nuovo organismo che sarà composto da «due membri per ogni organizzazione sindacale e altrettanti membri di nomina di Roma Capitale ed Ama Spa e, ove necessario, di altre strutture» del Comune. E che, riunendosi una volta a settimana, avrà il compito di vigilare sul prossimo Piano industriale di Ama e sull’efficacia dei dispositivi predisposti, e si occuperà del piano straordinario di pulizia, dei modelli di raccolta, dei mezzi, del piano di assunzioni, delle risorse finanziarie e dell’educazione ambientale.

Con i soliti toni enfatici, Raggi celebra la neonata Cabina e il nuovo «percorso impostato su metodo di lavoro rigoroso» come strumenti salvifici. Ma anche i sindacati si dicono soddisfatti: «Importante che il protocollo parta dalle difficili condizioni di lavoro. È un segnale di attenzione – commentano in una nota Natale Di Cola, Marino Masucci e Massimo Cicco, segretari generali di Fp Cgil, Fit Cisl e Fiadel – Inoltre ci è stato annunciato che entro luglio si chiuderà la lunga vicenda del bilancio 2017 e che verremo informati costantemente in forma scritta sulla gestione dei flussi in uscita verso altri impianti, il più grande punto di criticità del ciclo oltre alle dotazioni organiche e la scarsa disponibilità di mezzi». Ed è proprio l’organico uno dei punti deboli del sistema. Non a caso la sindaca ha ringraziato «tutti i lavoratori che si stanno impegnando senza risparmiarsi», mentre l’assessore al Personale Antonio De Santis ha voluto sottolineare che «il fattore umano si sta rivelando determinante e gli operatori stanno rappresentando un autentico valore aggiunto».

MA AL DI LÀ DELLE CELEBRAZIONI il clima politico attorno a Virginia Raggi – che oggi sarà ricevuta insieme a Zingaretti dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, per pianificare la spedizione oltre i confini nazionali di una quota di rifiuti indifferenziati – non è dei migliori. Neppure in casa propria. Tanto da far smuovere Luigi Di Maio che con un lungo post su Fb tenta di scrollarsi di dosso l’accusa di aver lasciato sola la sindaca di Roma. Come un remake a 5 Stelle della defenestrazione di Ignazio Marino. «Ormai lo sport più praticato dai giornali è il tiro a Virginia – attacca come è suo stile il ministro del Lavoro – Lo sappiamo, siamo un problema per tanti. Per quelli che già si stavano leccando i baffi davanti al piatto ricco delle Olimpiadi, per quelli degli affari d’oro – il duo Buzzi e Carminati – delle cooperative che si occupano di migranti, per chi dice che il business dei migranti rende più della droga, per i clan criminali che usano i rifiuti come un business». Ma, assicura Luigi Di Maio, «il MoVimento 5 Stelle e Virginia Raggi sono un corpo unico». Che, se non si muove, affonda.