I consumatori della birra finanzieranno la scuola italiana. Nel decreto scuola approvato in maniera definitiva ieri dal Senato con 150 voti favorevoli su 226, 61 astensioni (Sel e Movimento 5 stelle) e 15 contrari, i primi finanzieranno con 413 milioni di euro di tasse in più un provvedimento che costerà 465 milioni spalmati tra il 2014 e il 2016. L’associazione di categoria Assobirra ha lanciato una petizione contro il provvedimento, sostenendo che le nuove tasse rischiano di produrre una contrazione dei consumi e del gettito fiscale derivante. I disoccupati dovranno inoltre rinunciare a 52 milioni di euro riservati all’Aspi, l’Assicurazione sociale per l’impiego che garantisce un’indennità dell’80% sull’ultimo stipendio per massimo 18 mesi a chi viene licenziato. Una decisione presa in momento in cui si sa che nel 2014 la disoccupazione crescerà ancora (dal 12,2 al 12,4%), mentre nei primi nove mesi dell’anno sono state presentate 1.431.627 domande di Aspi, con un aumento del 27,7% rispetto alle domande presentate nello stesso periodo del 2012. Il modo in cui sono state congegnate le coperture del decreto scuola hanno creato non pochi mal di pancia alle larghe intese durante la discussione parlamentare. Il pidiellino Giancarlo Galan, relatore del provvedimento, si è dimesso in solidarietà con i produttori di birra e in nome del liberismo. Il Pdl ha comunque votato la legge che assumerà in tre anni 69 mila tra docenti precari (43 mila) e personale Ata, 26 mila insegnanti di sostegno, finanziando una miriade di provvedimenti tra i quali ci sono 137 milioni per il fondo delle borse di studio, 15 milioni per gli studenti meritevoli privi di mezzi, altrettanti per il wireless nelle scuole, 8 per l’acquisto di libri di testo e ebook, 15 contro la dispersione scolastica, oltre a un concorso per i dirigenti scolastici e l’alternanza scuola-lavoro, cioè apprendistato e tirocini in azienda già dagli ultimi due anni degli istituti professionali.

C’è poi la sanatoria per i 2 mila esclusi dal «bonus maturità», il clamoroso pasticcio realizzato dal governo mentre erano in corso i test di accesso alle facoltà a numero chiuso. Invece di abolire il numero chiuso, come richiesto a gran voce dagli studenti che torneranno in piazza il 15 novembre, il governo permetterà agli esclusi l’iscrizione in sovrannumero per l’anno accademico 2013-14. A queste cifre non crede l’Unione degli Universitari: «In base alle nostre proiezioni – afferma il coordinatore Gianluca Scuccimarra – i sovrannumerari saranno solo 700 e non 2 mila, un numero alquanto basso viste le disuguaglianze che si sono venute a creare». Dal provvedimento sono inoltre scomparsi, per «problemi tecnici», i 41 milioni di euro promessi agli atenei «migliori».

«Dopo anni di sacrifici e tagli alla cieca – ha detto il ministro dell’Istruzione, università e ricerca Carrozza – questo decreto restituisce finalmente risorse e centralità al mondo dell’Istruzione». Pur da tutti ritenute inadeguate, parliamo di 465 milioni su 10 miliardi di tagli all’istruzione dal 2008 al 2012, le risorse ottenute dopo un tira e molla con il ministero dell’Economia sono state salutate come una buona notizia dal Pd, con un trionfante Franceschini. Da Scelta Civica si augurano che questo sia un primo passo per finanziare l’istruzione con investimenti veri e propri e non con accise su birra ed alcolici. «L’istruzione dei nostri figli vale più di una birra» ha detto la senatrice Stefania Giannini.

Il ministro Carrozza ha preparato i decreti attuativi e chiede di raccogliere la sua «sfida» sul rifinanziamento dell’istruzione. Propone di inviare suggerimenti alla mail istruzioneriparte@miur.it. Il suo entusiasmo non è condiviso dai sindacati. Pur soddisfatto dei fondi Domenico Pantaleo, Flc-Cgil, ne sottolinea la scarsità, oltre all’insensatezza della proroga dei contratti a termine per i ricercatori dell’Istituto di Vulcanologia (Ingv) e non per quelli degli altri enti di ricerca che rischiano il licenziamento con il decreto D’Alia. Giudizio negativo dalla Gilda sulla conferma del blocco dei contratti e degli scatti di anzianità per il personale e, in fondo, per le assunzioni, riviste al ribasso a causa della riforma Fornero che ha innalzato l’età pensionabile in una scuola già molto anziana. L’Anief di Marcello Pacifico rilancia un allarme inquietante: gli stipendi dei neo-assunti (tra i più bassi in Europa) resteranno bloccati per otto anni. A fine carriera perderanno 8 mila euro per una clausola di «invarianza finanziaria» sottoscritta da tutti i sindacati nel 2011, tranne Flc-Cgil. L’Anief promette una pioggia di ricorsi contro la «beffa» dei precari.