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Padova, primarie per la continuità o la svolta dopo Zanonato

Padova, primarie per la continuità o la svolta dopo ZanonatoPadova

Primarie Domenica i cittadini alle urne per scegliere il candidato sindaco del centrosinistra. Si chiude così la lunga stagione di Flavio Zanonato

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 1 febbraio 2014

Il centrosinistra sceglie il candidato sindaco, per la prima volta, nelle urne delle Primarie. Domenica 2 febbraio votano anche sedicenni, stranieri residenti e studenti fuori sede nei 21 seggi aperti dalle 8 fino alle 20. Si chiuderà così la lunga stagione di Flavio Zanonato (padre-padrone del Pci approdato fino al Pd), che ha governato Padova dal 1993 al 2013 con la sola parentesi del clamoroso tonfo al ballottaggio 1999 con la berlusconiana Giustina Destro.

Un’eredità pesante, perché la città di 212mila abitanti che diventano oltre 400mila con la cintura urbana è stata il «laboratorio» degli interessi composti all’insegna della sussidiarietà ciellina. La «capitale del Nord Est» fa i conti con il declino: persi gli storici forzieri di Cariparo e Antoniana; desertificata la manifattura nell’ormai ex zona industriale; annichilita la rigenerazione urbanistica dell’ex Bronx di via Anelli; asfittica la vita del centro storico colonizzato dall’immobiliarismo. Per di più, il «bunker» di via Beato Pellegrino è saltato nel trionfo di Renzi nelle urne dell’8 dicembre: 7.980 voti in città al sindaco di Firenze, incautamente paragonato a Schettino proprio dal commendatore del Mise. Con l’imprevisto sorpasso della mozione Civati ai danni dei fedelissimi di Cuperlo (2.647 voti contro 2.096). E in questi giorni il dibattito politico si concentra soprattutto sulla necessità di girare pagina, imprimere una svolta, disegnare un’altra città.

In lizza alle Primarie sono rimasti in tre. L’assessore Claudio Piron (renziano della prima ora ed espressione del «terzo settore» cattolico) è stato stoppato dai vertici del Pd, non solo perché mancavano tutte le 200 firme degli iscritti necessarie a candidarsi. E sull’altro versante, Rifondazione comunista ha preferito astenersi dalla consultazione che comporta vincoli politici in grado di ipotecare la futura amministrazione.

Sulla scheda, ci saranno i nomi di Ivo Rossi (sindaco reggente e candidato unico del Pd), Alessandro Zan (ex assessore e ora deputato Sel) e di Francesco Fiore (sostenuto dal gruppo «di base» Padova 2020).

Rossi rappresenta la continuità: negli ultimi dieci anni a palazzo Moroni ha amministrato deleghe come mobilità, verde e urbanistica. Classe 1955, punta molto sulla seconda linea del tram, sui finanziamenti europei alla smart city e sul mega-progetto di nuovo ospedale. Comunque, Rossi ha già messo a punto una lista civica personale allargando il perimetro politico fino agli ex An e agli imprenditori «futuribili» di Montezemolo.

Zan, 40 anni, si propone come l’uomo della «svolta». Gay, paladino dei diritti civili delle coppie di fatto, interprete della sinistra di governo cerca di intercettare la voglia di cambiamento, ma soprattutto di offrire un’alternativa alla città dei giovani. È contrario al coprifuoco nelle piazze e alla deriva securitaria. Nella campagna elettorale, gioca sull’idea di una Padova europea che scommette sull’innovazione a tutto campo.

Infine, Fiore che potrebbe incarnare la sorpresa. È un altro 40enne, sposato con tre figli, manager del settore green economy, proposto dal «giro» di Banca Etica, Legambiente, comitati di quartiere e mondo eco-pacifista. Lavora da mesi sulla cittadinanza attiva, ha depositato per primo il programma e in queste settimane organizza spettacoli teatrali e incontri conviviali sempre pieni di gente.

Le Primarie di Padova segneranno, inevitabilmente, anche l’orizzonte delle grandi manovre in vista delle Regionali 2015. Di qui la tattica del Pd padovano che ancora sogna di tornare al centro della scena politica in Veneto. Forse, per questo la campagna elettorale di questi giorni stenta ad entrare nel merito delle vere questioni cruciali: la sanità pubblica con l’Azienda ospedaliera (la Fiat di Padova) ingessata da 433 milioni di debiti patrimoniali frutto della gestione decennale del dg Adriano Cestrone; i «buchi neri» dell’urbanistica votata alla rendita immobiliare più che al recupero di spazi e luoghi comuni; l’Università (2.200 docenti per circa 64 mila studenti) troppo spesso opaca nella gestione dell’altra vera, grande «fabbrica» della città.

 

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