Non solo il film dei Manetti Bros. celebra i quasi sessant’anni di Diabolik (il «re del terrore» li compirà a novembre del prossimo anno). Alla Mole Antonelliana di Torino è in corso (fino al 14 febbraio 2022) una mostra per immergersi, sia fisicamente sia virtualmente, nel mondo e nei personaggi – oltre all’eroe in calzamaglia nera, la compagna e complice Eva Kant e il rivale di sempre, l’ispettore Ginko – inventati dalle sorelle Giussani e re-interpretati dall’arte, a partire dal cinema. Si intitola «Diabolik alla Mole» ed è organizzata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino per la cura di Luca Beatrice, Domenico De Gaetano e Luigi Mascheroni. Set, il piano terra della Mole, finora mai utilizzato come spazio espositivo, dove sono disposti i materiali allestiti a comporre un viaggio dalle origini di Diabolik a oggi (con le sagome in costumi di scena di Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea che «accolgono» il visitatore).

IL PANNELLO iniziale ci porta agli albori tanto del mito quanto dell’Italia del tempo. Si legge: «Diabolik entrò in scena un grigio inizio di novembre del 1962. Un mese dopo lo schianto aereo di Enrico Mattei nelle campagne di Bascapè, un mese prima del collaudo della Linea 1 della metropolitana milanese e poco dopo la rivolta operaia di piazza Statuto a Torino». L’escursione visiva e letteraria (perché, nelle parole di Oreste Del Buono riportate in un altro pannello, «il fatto di essere narrato a fumetti non può impedire a Diabolik di essere annoverato tra i grandi ladri della letteratura popolare») può iniziare. E se tavole e disegni originali, comprese rarità provenienti sia dall’archivio della casa editrice Astorina che pubblicò il fumetto sia da collezionisti privati, ci fanno ri-trovare in grandi dimensioni istanti di storie, battute, luoghi estratti dalla monumentale produzione degli albi in formato tascabile (alcuni dei quali sono presenti nella mostra), volti ri-prodotti con serialità warholiana e fonti inedite del Diabolik mai realizzato nel 1965 da Seth Holt con Jean Sorel invitano a ulteriori detours, mentre manifesti e foto del Diabolik di Mario Bava riattivano il piacere per una stagione memorabile del cinema italiano e, nello specifico, per un film, datato 1968, che era, ed è ancora, pura sperimentazione formale, cromatica, esplosione di segni grafici e corpi sensuali e sessuali.

NON POSSONO poi mancare oggetti di scena collocati tra le pareti della mostra (la ghigliottina, il pugnale) o, incontro più «diabolico», la testa in gesso di Diabolik realizzata da Enzo Facciolo nel 1963 (anno in cui entrò nel gruppo di disegnatori del fumetto per diventarne un punto di riferimento – è scomparso l’agosto scorso a 89 anni) e usata come modello dei suoi disegni. Ma «Diabolik alla Mole» propone anche un’esperienza in Vr. Se il videomapping con l’immagine di Diabolik aveva avvolto la cupola nelle settimane precedenti la mostra, come «preludio» a essa, la realtà virtuale costituisce una tappa dell’esposizione. Il prodotto realizzato si chiama Diabolik VR Experience, ha la durata di un minuto e trentadue secondi e consente allo spettatore di avventurarsi nel covo segreto che compare per la prima volta nel terzo numero, L’arresto di Diabolik, «dentro le oscurità dei rifugi sotterranei della coppia diabolica». Ovvero, ri-posizionare un’icona della cultura pop all’interno di nuove forme di visione.