L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è in seduta pressoché permanente per sorvegliare il rispetto della par condicio. Meglio tardi che mai. È importante che l’Agcom percorra il suo viale del tramonto (è in scadenza) con dignità, ancorché almeno due componenti segnalino in calce ai comunicati il dissenso.

Contrarietà a cosa, visto che i richiami sono proprio il minimo sindacale e riguardano alcune testate per l’eccesso di zelo verso Matteo Salvini e la Lega? Ad esempio, l’atto votato nella seduta dello scorso 20 maggio nei confronti del Tg2 e del succedaneo Tg2Post: guardare quel telegiornale, aggiungeremmo, fa venire un nodo alla gola, pensando all’era di Andrea Barbato o di Alberto La Volpe. Una novità importante. Nella parte conclusiva di quest’ultima decisione si fa riferimento alla necessità di dare maggiore spazio alle forze meno grandi.

Ecco, il problema dell’applicazione corretta della legge n.28 del 2000 e dei regolamenti applicativi (delibera n.94/19/CONS dell’Agcom e testo del 2 aprile scorso della commissione parlamentare di vigilanza) sta soprattutto nella scelta delle emittenti di strutturare le presenze, che dovrebbero essere paritarie tanto più in regime proporzionale, come se fossimo in un sistema bipolare. Infatti, vi sono due blocchi principali (Lega e Movimento 5 Stelle) seguiti da un terzo incomodo alquanto staccato – il partito democratico – e da un quarto, Fratelli d’Italia visto con benevolenza. Il resto è una nebulosa marginale.

In tale direzione, persino al di là dell’identità partitica, venerdì 17 maggio la lista «la Sinistra» ha inviato un esposto all’Agcom, in cui si sottolineava proprio simile degenerazione. Se si prendono in esame le tabelle pubblicate sul sito dell’Autorità inerenti ai periodi 29 aprile – 5 maggio e 6 – 12 maggio, il tempo di parola assegnato alla citata lista è rispettivamente dell’1,89% e del 3,35% nei tg della Rai, del 3,82% e del 3,35% in quelli di Mediaset e poco o nulla ne la7.

Sorte non dissimile tocca alle altre forze estranee al quadrilatero – pur diseguale – privilegiato, a dimostrazione dell’errore di fondo nell’interpretazione della norma. Nell’ultimo mese, il periodo «protetto», non ci possono essere differenze di trattamento. Se si può tollerare un ritocco delle percentuali sulla base del dato storico delle singole rappresentanze, è illegittimo creare artificiosamente una serie A, una B e magari pure una C.

Ovviamente, ciò non riguarda l’offerta informativa in senso stretto. È componente essenziale dell’autonomia giornalistica scegliere le priorità. Ma quanto accade è ben altro. Alcune voci sono sottodimensionate o escluse, togliendo a cittadine e cittadini l’opportunità di scegliere.

Che fare? Un suggerimento. Non c’è nessuna possibilità di riequilibrare le asimmetrie e le scorrettezza se non attraverso una misura straordinaria.
Si dedichi in tutte le emittenti nazionali, pubbliche e private, l’intero venerdì prima del voto al recupero dei minuti perduti per i soggetti sottostimati. In fondo, l’azione de «la Sinistra» ha voluto aprire una questione generale, vale a dire la mancata applicazione della par condicio non in modo patologico, bensì fisiologico.

Tra pochi mesi si celebrerà il ventennale della legge del 2000, nata per l’assenza di una reale disciplina antitrust in grado di tutelare il pluralismo.
Ora che incombono i social e gli Over The Top una revisione si impone, contestuale – però – al varo di una disciplina sulle concentrazioni e sul conflitto di interessi.
Per l’intanto, si sovvertano i palinsesti con un «venerdì da leoni».