Se una pandemia ha dato a tutti noi la possibilità di toccare con mano l’entità di quanto non sappiamo sul funzionamento della natura, dei virus, del nostro sistema immunitario, è lo spazio che, dai tempi di Immanuel Kant, ci riserva sempre le più grandi lezioni di umiltà. L’ultima ci è arrivata ieri, con la pubblicazione di due articoli scientifici su The Astrophysical Journal Letters e Physical Review Letters, dedicati a un evento piccino, durato un batter di ciglia: 0,1 secondi la notte del 19 maggio 2019.

Eppure si tratta di un evento che manda praticamente gambe all’aria tutto quello che sappiamo sulle stelle, la loro vita, l’universo, la materia oscura, il big bang e quant’altro. A «osservarlo» sono stati tre rivelatori di onde gravitazionali, uno costruito in Italia, detto Virgo, e due negli Stati Uniti, chiamati Ligo. Questi osservatori internazionali, in cui collaborano centinaia di istituti di decine di paesi del mondo, utilizzano fasci di luce laser il cui disallineamento è capace di rilevare perturbazioni nello spazio-tempo diecimila volte più piccole di un atomo. Le onde gravitazionali, che vennero ipotizzate più di cento anni fa da Albert Einstein, che però era scettico sulla possibilità che si sarebbero mai potute osservare, sono come le onde di uno stagno – il nostro universo, nelle sue 4 dimensioni spazio-temporali – dopo che viene gettato un sasso – in questo caso, una massa molto grande. Fino al 2015 erano solo una affascinante ipotesi sui libri di testo dei fisici, ma quell’anno proprio Ligo/Virgo osservarono per la prima volta un’onda gravitazionale provocata dalla collisione di due buchi neri. La scoperta fu talmente sconvolgente che ottenne solo due anni dopo il premio Nobel.

La collisione resa nota ieri però, se possibile, è ancora più scioccante di quella di cinque anni fa. Secondo i più di 1500 scienziati che firmano i due articoli, stavolta saremmo di fronte allo scontro di due buchi neri di 66 e 85 masse solari, che avrebbero generato un enorme buco nero di circa 142 masse solari (il resto della massa, come ci insegna Einstein, si è trasformata in energia, parte della quale, per la gioia dei nostri fisici, si è convertita proprio in onde gravitazionali). La collisione sarebbe avvenuta circa 7 miliardi di anni fa, molto prima della nascita del nostro sistema solare, mentre la distanza di questo enorme oggetto sarebbe di circa 17 miliardi di anni luce (quest’ultimo numero è maggiore di 7 perché, anche se nulla può viaggiare più veloce della luce, nel frattempo l’universo si è espanso).

Ma perché questo scontro mette in crisi l’astrofisica che conosciamo? Se i calcoli fatti dagli scienziati sono corretti, l’origine di almeno uno dei due buchi neri iniziali, il più grande, è inspiegabile. Esistono infatti due classi di buchi neri. Da un lato, quelli provocati dall’esplosione in supernove delle stelle più massicce, e che arrivano fino a circa 65 masse solari; ma fra 65 e 135 masse solari, il meccanismo di formazione di questi oggetti non prevede si possano generare buchi neri. All’altro estremo, ci sono i buchi neri al centro di moltissime galassie, i cosiddetti buchi neri supermassicci, che invece hanno masse di centinaia di migliaia, milioni o addirittura miliardi di masse solari. Non solo dunque l’osservazione pubblicata ieri mostra che esistono buchi neri di massa compresa fra 65 e 135 masse solari, che secondo le nostre teorie sulle stelle non si possono formare, ma dimostra anche che esistono buchi neri «di massa intermedia», fra 100 e mille masse solari, che non erano mai stati osservati prima.

Trentacinque giorni dopo la rivelazione, nella stessa zona di cielo è stato visto un brillamento di un quasar (oggetti molto compatti, luminosi e lontani che si trovano al centro di galassie attive), che forse potrebbe essere associato al buco nero record: ma gli astrofisici non sono capaci di indicare un meccanismo in grado di spiegare i buchi neri che hanno causato l’onda gravitazionale. Si sono formati per fusione di buchi neri precedenti? Ma al tempo esistevano stelle sufficientemente grandi per permetterne la formazione? O sono piuttosto il risultato della metamorfosi in buchi neri di molte stelle di un ammasso globulare? Potrebbero essere composti da materia oscura, che riguarda quasi il 90% della materia dell’universo ma che non sappiamo ancora come è fatta? O potrebbero essersi generati subito dopo il big bang? Diverse le ipotesi: ma una repentina fluttuazione di una notte di primavera non basta per chiarire i dubbi degli scienziati e spazzar via la nostra ignoranza.