Osservando la lunga e prolifica produzione letteraria di Carlo Cassola, romano di nascita, ma toscano di adozione, appare evidente la fedeltà a una narrativa della vita «primigenia» che potrebbe definirsi pre-politica. Dice nel 1972: «è indubbiamente il nudo fatto dell’esistenza, il fatto che esistano certi luoghi, certe persone … che esistiamo noi, è questo che mi spinge a scrivere». E Fortini, recensendo «il bellissimo libro» di Cuore arido scrive: «Cassola ha ripreso la sua accanita fatica di riduttore. Non si sa bene se gli eventi si svolgano nel 1933 o nel 1833».

ECCO PERCHÉ può risultare sorprendente l’attuale uscita di Cassola e il disarmo. La letteratura non basta. Lettere a Gaccione 1977-1984, nel centenario della nascita, a cura di Federico Migliorati e Angelo Gaccione (Tra le Righe Libri, pp.266, euro 18). Il volume raccoglie il consistente numero di lettere di Cassola al giovane sodale dell’ultima esperienza militante del fondatore e animatore della Lega per il disarmo unilaterale. Accompagnato com’è da un’intervista con Gaccione, da lettere a destinatari diversi (Umberto Terracini, Aldo Natoli, Alfonso Leonetti e Francesco Rutelli) e altri documenti interni all’organizzazione, il volume costituisce una fonte importante, di prima mano per la genesi e l’evoluzione, fino al 1984, della Lega per il disarmo.

D’altra parte, proprio una delle ultime lettere qui raccolte, datata 10 ottobre 1979, sembra avvalorare l’idea che l’impegno militante di Cassola sia solo un fatto recente. Nell’ampia e importante riflessione sulla propria opera, afferma che solo da ultimo «ho capito che la spinta sociale non poteva essere unicamente letteraria… mediante un’azione politica da condurre con gli altri». In realtà, quest’ultima, nel senso stretto del termine, ha segnato con intermittenze l’intero arco della vita di Cassola.

La prima, fondamentale stagione è naturalmente la sua partecipazione alla Resistenza con la 23esima Brigata Garibaldi dal 1943 al 1944, nel territorio di Volterra, luogo delle sue vacanze giovanili e città natale della madre. Formò e guidò il comitato militare del Cln. Un’esperienza dalla quale sono usciti i romanzi che per primi gli hanno dato notorietà: Fausto e Anna (1952), La ragazza di Bube (1960) da cui fu tratto nel 1963 il film omonimo con Claudia Cardinale, diretto da Luigi Comencini.

Nell’autunno del 1952, allorché la Democrazia Cristiana di De Gasperi, in vista delle elezioni politiche per la seconda legislatura, aveva emanato una legge elettorale maggioritaria, Cassola tornò attivamente sulla scena politica. Socialisti e comunisti avevano protestato parlando di «legge truffa» e Cassola, che dal 1951 viveva e insegnava a Grosseto, collaborò energicamente con Luciano Bianciardi alla nascita di una formazione politica, Movimento di Unità Popolare, che con i voti raccolti fece fallire il raggiungimento del quorum necessario a far scattare il premio di maggioranza per la Dc.

IL MOVIMENTO NACQUE dalla convergenza di due scissioni: quella dal Partito socialdemocratico, guidata da Codignola, e quella dal Partito Repubblicano Italiano, guidata da Marcello Morante, anch’egli operante a Grosseto con Francesco Chioccon. Scritti, lettere, testimonianze su quel periodo, raccolte a suo tempo negli atti di un convegno sul tema (Movimento di Unità popolare e crisi del centrismo, a cura di Adolfo Turbanti, Giunti, 1995) mostrano il medesimo fervore, lo stesso spirito pratico e la puntigliosità organizzativa che le lettere di Cassola e il disarmo documentano.

SUCCESSIVAMENTE e in parte parallelamente a questo, Cassola lavora per un quinquennio con Bianciardi a un’intensa opera pubblicistica su vari aspetti sociali e politici, il cui frutto più importante è l’inchiesta I minatori della Maremma (Laterza, 1957). Nel 1960-1964, quando il successo editoriale gli permette di congedarsi dall’insegnamento, è eletto consigliere al Comune di Grosseto nelle liste del Psi.
L’ultima stagione politica per il Disarmo unilaterale rappresenta dunque lo sviluppo di una costante tensione morale e pratica, che d’altra parte la tarda testimonianza presentata nel libro ora in uscita indica nascere con la Resistenza: mi «aveva fatto capire che bisogna scrivere per gli altri, in modo innanzi tutto comprensibile».

TUTTAVIA CASSOLA, in un’altra lettera dello stesso carteggio, asserisce che «la letteratura è più importante di qualsiasi altra forma di espressione artistica ed enormemente superiore a qualsiasi altro tipo di registrazione della vita». Dunque, l’attività narrativa e quella pratico-politica sono due binari senza contatto? La seconda è abbandonata al solo dovere morale?
Pagine splendide come quelle del Taglio del bosco e della Visita, o quelle di Ferrovia locale, di un’umanità quasi anonima eppure prorompente nella sua tenace resilienza sono lì a indicarci che la rappresentazione di quella vitalità è, insieme, il grido del suo valore. Ed è quel valore a segnalare all’autore medesimo che esso va affermato fuori della letteratura, dunque a indicargli che il letterato deve per primo cercare di renderlo reale fuori della pagina. Tale fare è appunto storico e politico. Quando, nel disfacimento della lunga fase espansiva del secondo dopoguerra, anche le forze politiche stavano trasformandosi in quello che oggi sappiamo essere, Cassola ha «arretrato» anche la propria azione politica alla difesa della vita nei suoi stati più semplici. Gli animali, dice nel pieno della sua lotta per il disarmo, «parlano un linguaggio più universale degli uomini: le loro storie sono meno localizzate, potrebbero avvenire in qualsiasi parte del mondo».