Il jazz delle origini – con la sua carica di calore, solarità e slancio vitale – ha ormai un centinaio d’anni, visto che le prime registrazioni fonografiche datano al biennio 1915-’17. Pur sfiorando il secolo, quello che si definiva «jazz caldo» ha una storia ancora viva e palpitante che molto svela sulla società americana di inizio Novecento e sugli uomini (e le donne) che diedero vita alla nuova musica «meticcia»: afroamericani ed immigrati di prima e seconda generazione, con tanti italiani provenienti dal Sud e dalla Sicilia.

Da molti anni il giornalista e critico musicale Giorgio Lombardi si dedica al jazz «tradizionale» e dal 1993 ha pubblicato vari volumi sulla tematica. L’ultimo suo studio si intitola Hot Jazz. Da Jelly Roll Morton a Wynton Marsalis (Daniela Piazza editore, euro 28); è una nuova edizione «riveduta ed aggiornata in un unico volume»» di un precedente testo uscito in due tomi nel 2003-‘05 (con allegati due Cd purtroppo oggi non riproposti). Lombardi intende mantenere vive memoria e conoscenza del jazz delle origini (secondo l’asse New Orleans-Chicago-New York) ritenendo che ci siano in esso dei valori di «jazzità» – concetto caro ad Arrigo Polillo, storico direttore di Musica Jazz a cui il volume è dedicato – da mettere a fuoco e proiettare nel futuro. Non a caso nell’introduzione l’autore parla di «individuazione del patrimonio da salvare» e di «scoperta o riscoperta di fonti ancora ricchissime di linfa vitale» (p.13).

Coincidenza vuole che Franco D’Andrea (jazzista dell’anno 2013 e uomo d’avanguardia) abbia narrato in una recente conferenza stampa al Parco della Musica (vi si esibirà in tre concerti, dal 28 gennaio) dei suoi inizi come dixielander, cornettista e clarinettista, prima di dedicarsi al piano. D’Andrea ha parlato di ««nostalgia per i colori strumentali di quel linguaggio, come l’ellingtoniano «jungle style», di un «desiderio di riprendere in mano quelle musiche dal punto di vista coloristico» nonché di «personalità jazzistiche incredibili». Dal canto suo un altro jazzista-sperimentatore come il polistrumentista Eugenio Colombo sta lavorando ad un ottetto chiamato The Freexielanders (il 9/2 al romano Baffo della Gioconda) in cui un pacco di partiture americane per piccola orchestra degli anni ’20-’30 viene riletto in assoluta libertà. In un certo senso D’Andrea e Colombo confermano l’esigenza di Lombardi. In Hot Jazz il viaggio da Morton a Marsalis passa per nove capitoli: le origini del jazz; la genesi del New Orleans Style; l’evoluzione del N.O.S.; la scuola Dixieland; la leggenda di Bix Beiderbecke; la scuola di New York e quella di Chicago; il New Orleans ed il Dixieland Revival. Molte foto, una discografia essenziale ed un utile indice dei nomi completano il volume: una storia comunitaria con nomi come Buddy Bolden, King Oliver, Original Dixieland Jazz Band, Jack Teagarden.

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