Un signore seduto a un tavolo su cui c’è un globo
Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti
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Le due tele hanno misure quasi sovrapponibili. Cinquantuno centimetri e cinque per quarantacinque e cinque l’una; cinquantuno centimetri e sei per quarantacinque e quattro l’altra.
L’una è conservata al Louvre, l’altra allo Städel Museum di Francoforte.
Vi si raffigura lo stesso angolo d’una medesima stanza. I vetri della finestra sul lato sinistro e sulla parete di fronte un armadio a due ante e un quadro appeso. Sotto il davanzale un tavolo. Lo copre solitamente un tappeto. È stato scostato per far spazio a un globo, a un astrolabio e a certi libri.
Infatti nella prima delle due tele, avvolto in un cappa color smeraldo, un giovane uomo dai lunghi capelli è intento a considerare la sferica mappa del cielo. La fa lentamente girare con il medio della mano destra.
Nella seconda tela il giovane si mostra ancora al suo tavolo di studio. Il tappeto, quasi un fagotto, ricade con abbondanza di pieghe pesanti che ne scompongono il decoro floreale, confondono la trama dei verdi e dei blu. Sotto la luce della finestra è dispiegato un foglio. Accanto un secondo foglio arrotolato, là dove poggiava il globo che ora scorgi collocato sull’armadio. Altre carte a terra, ai piedi d’una poltroncina.
Il giovane ha mutato d’abito. Un’ampia veste azzurra dai risvolti rosati e dalle larghe maniche. È colto mentre segue un suo pensiero, certo sta elaborando un calcolo e tiene in mano, sospeso, un compasso. Nei due dipinti che lo raffigurano, non hai l’impressione che il pittore abbia ritratto lo studioso costringendolo ad una lunga posa. Hai piuttosto la sensazione d’una immagine rubata.
Potresti addirittura sostenere che il giovane non si è accorto di essere osservato. Come se qualcuno della casa, da un’infilata di corridoio, passando da una stanza all’altra, lo veda in un batter d’occhio e badi bene a non disturbarlo, così intento e concentrato com’è.
Quell’angolo della stanza presenta, nei due dipinti, una sola variazione degli arredi.
Nella prima tela è infatti appeso alla parete un quadro. Vi intravedi nella cornice scura alcune figure.
Nella seconda la pittura è sostituita da una carta geografica.
Ho sommariamente descritto due celeberrime tele di Johannes Vermeer. Esse possono essere bene scelte come esemplari delle vicende critiche, filologiche e storiografiche alle quali un’opera dà avvio: documentazione, esegesi, ipotesi, suggestioni che nel corso degli studi si attestano, si intrecciano o si elidono l’un l’altra.
Vicende che, in ogni caso, non solo recano argomenti per riflettere sulle mutazioni del gusto, ma forniscono più di un elemento a chi intenda ragionare sul significato e il senso dell’opera d’arte.
Nel caso dello studioso di Vermeer e della sua identità si potrebbero elencare le numerose ipotesi formulate. Nel 1863, ad una vendita presso Christie, la tela oggi al Louvre era menzionata come Un signore seduto a un tavolo su cui è un globo. Dopo è stato detto vi si dovesse riconoscere un astrologo, o un filosofo, o un geometra.
I titoli delle due opere si sono poi attestati, più opportunamente, in quelli dell’Astronomo e del Geografo. Pure André Malraux propendeva per un duplice autoritratto: Vermeer pittore che si raffigura sotto la spoglia del sapiente. E su questo presupposto imbastì addirittura, Malraux, una sequenza indicando nel volto di Vermeer, a suo giudizio riconoscibile in almeno cinque dipinti e che muta nel corso degli anni dall’età giovanile alla più matura, un affidabile indizio per datare le sue opere. Su Vermeer non cessano le indagini.
Esse sono motivate dalla estrema povertà di documenti certi sulla sua vita, ma autorizzate e, diremmo, alimentate dalle ricognizioni minuziose che le sue immagini puntuali consentono. Ogni dipinto, ogni carta geografica che appaiono negli interni raffigurati sono stati dagli esperti identificati con sicurezza.
Così, ad esempio, il globo del cielo sappiamo essere quello dovuto a Jodocus Hondius, datato 1600. E il libro aperto sul tavolo è una copia delle Institutiones astronomicae et geographiae di Adriaen Metius, pubblicato ad Amsterdam nel 1621.
E convincente è l’ipotesi che il giovane sia Antoni van Leeuwnhoek, coetaneo e sodale di Vermeer, studioso appassionato di ottica, corrispondente della Royal Society di Londra.
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