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Un salto di qualità, coerente con il pronunciamento referendario

Un salto di qualità, coerente con il pronunciamento referendario

Legge sull'acqua pubblica Dopo l'intervento di Roberto Fico riaprono la discussione sul tema dell’acqua bene comune e sulla ripubblicizzazione del servizio idrico, a partire dalla legge nazionale che dovrebbe promuoverla e che giace da legislature alla Commissione Ambiente della Camera.

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 28 novembre 2020

Gli articoli di Alex Zanotelli, Emilio Molinari, Dacia Maraini e del Presidente della Camera Roberto Fico, apparsi nei giorni passati su il manifesto e sul Corriere della Sera, riaprono la discussione sul tema dell’acqua bene comune e sulla ripubblicizzazione del servizio idrico, a partire dalla legge nazionale che dovrebbe promuoverla e che giace da legislature alla Commissione Ambiente della Camera.

A seguito della risposta del Presidente Fico, ci pare necessario mettere alcuni punti fermi. Intanto, occorre avere chiaro che la legge che uscirà dal Parlamento non è questione legata ai rapporti tra le forze politiche e neanche tra queste e il movimento per l’acqua. Essa dev’essere vincolata all’espressione della volontà popolare, così come uscì dall’esito vittorioso ma sempre contraddetto dei 2 referendum sull’acqua pubblica. L’abrogazione dell’obbligo alla privatizzazione del servizio idrico e l’abolizione dalla tariffa della «remunerazione del capitale», cioè un rendimento minimo garantito, ha un significato politico inequivocabile: il servizio idrico va ripubblicizzato. Ciò significa che la sua gestione deve essere pubblica e va realizzata senza profitti, in una logica di equilibrio tra costi e ricavi, quella che si garantisce unicamente con le aziende speciali, aziende pubbliche ma non società per azioni, perché anche quelle interamente a capitale pubblico sono comunque soggetti costituiti «per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili» (art. 2247 del Codice Civile). Una scelta contro la logica delle privatizzazioni, proseguita anche dopo i referendum, le cui protagoniste sono in primo luogo le «4 grandi sorelle», IREN, A2A. HERA e ACEA, società multiservizio quotate in Borsa.

La gestione pubblica attraverso Aziende speciali è l’ispirazione di fondo della proposta di legge che ha come prima firmataria l’On. Daga del M5S, che non a caso riprende e attualizza alla luce dei risultati referendari i contenuti della proposta di legge di iniziativa popolare promossa ancora nel 2007 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, forte di oltre 400mila firme. È perciò evidente che sull’acqua pubblica non si può fare una legge qualsiasi, che magari confini il ruolo «pubblico» alla pianificazione della risorsa e degli investimenti attraverso l’istituzione di un’agenzia statale, eludendo il nodo fondamentale che rimane quello della gestione del servizio idrico. Va aggredito, a nostro avviso, il tema per cui la proposta della legge Daga è sostanzialmente ferma dall’inizio della legislatura, da quando è stata presentata: con il governo gialloverde è andato in onda il boicottaggio di tale proposta, con una campagna allarmistica, smentita dal nostro dossier, su ipotetici costi esorbitanti della ripubblicizzazione promossa dall’associazione dei gestori, Utilitalia, spalleggiato dalla Lega e non ostacolato a sufficienza dal M5S. Poi, con il governo giallorosa, gli attori sono cambiati, ma il risultato rimane lo stesso: il PD continua a osteggiare une reale gestione pubblica del servizio idrico e il M5S si è chiuso in un assordante silenzio sulla vicenda.

Ben venga, dunque, l’iniziativa del Presidente della Camera perché la legge riprenda il suo iter. A riguardo confermiamo la nostra disponibilità al confronto con tutti i soggetti interessati.
Serve un salto di qualità da parte delle forze politiche di governo in direzione della coerenza tra legge da approvare e contenuti del pronunciamento referendario. A ciò si dovrebbe aggiungere, in tema di utilizzo delle risorse del Recovery Fund, il varo di un grande Piano di ristrutturazione delle reti idriche del Paese, che hanno il primato del 40% di dispersione: ciò può costituire uno dei tasselli per far avanzare un’idea di messa in sicurezza del territorio e di conversione ecologica del modello produttivo e sociale. È logico, però, che non si può agire «socializzando le perdite e privatizzando i profitti», con il solo stanziamento di risorse pubbliche a favore di soggetti privatistici che continuano a realizzare forti profitti e distribuire lauti dividendi ai propri soci.

In tanti, in questa situazione di pandemia, affermano che bisogna produrre una svolta: il tema dell’acqua pubblica può essere efficace per verificare se si vuole andare in questa direzione o se le belle parole nascondono l’idea che si può tornare semplicemente alla normalità di prima, se non peggio.
* A nome del Forum italiano dei Movimenti per l’acqua pubblica

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