Verso la metà del documentario What Happened, Miss Simone? (Liz Garbus, Netflix 2015) si vede la cantante entrare in scena, il pubblico attende. Lei appare provata, gli occhi sembrano troppo grandi sotto i capelli molto corti che porta in quel periodo, osservando la scena ci si aspetta un disastro, o perlomeno che non riesca a cantare. Dopo qualche istante però Nina Simone si siede al piano, la telecamera inquadra le mani che cominciano a suonare e tengono dentro il tremito di qualche minuto prima, un attimo ancora e la voce si leva, e il cumulo di tutte le lotte, le sofferenze, i dolori, insieme al talento che si rinnova riproducono l’incanto.

Quella scena così densa in cui la vita e la musica si tengono per mano viene in mente non appena si comincia a leggere La ballata di Nina Simone di Francesca Genti, edito da HarperCollins Italia (pp. 192, euro 15,20), un romanzo in versi sulla vita della cantautrice di Tyron, che aggiunge il ritmo e il metro della poesia alla musica e alla storia di Nina Simone.

«TE NE VAI IN GIRO per il mondo / a braccetto con la disperazione », è questo giro per il mondo e dentro la musica che Genti racconta muovendo la metrica esattamente come Simone ha mosso la voce. Il romanzo è in ottave ed è retto da un controllo poetico esemplare, forse soltanto così si poteva rievocare una storia tanto complessa che ha attraversato l’incanto e la lacerazione, la gioia del canto e il pianto, che è oscillata tra violenze familiari e razzismo, fino a giungere all’incontro con Martin Luther King e alla presa di coscienza, trasformando la musica e la voce in mezzo di disobbedienza e di lotta.

Nina Simone è la musica, ma è anche la storia del Novecento, è il fremito e la scossa che ha rivendicato i diritti civili, che si è rimessa in piedi dopo ogni caduta, che fino a quando ha potuto ha cantato, meravigliando. Francesca Genti è una delle poete più brave tra quelle nate negli anni Settanta, è stata capace sin dai primi libri di tenere insieme la cultura, il linguaggio pop e la scrittura poetica classica, fedele alla metrica tradizionale – che ha il dono di scovare mettendo semplicemente le mani in tasca – e, all’occasione, come nel caso di questo libro, alla rima.

Nelle parole di Francesca Genti, Nina Simone è bambina, ragazza, donna, anziana e poi di nuovo bambina, per sempre bambina: «tutto questo aveva incontrato la bambina / fino alla fine delle costellazioni». Il romanzo è strutturato in canti e ne esce un coro, a volte parla Nina, a volte parla chi l’ha incontrata, chi l’ha amata, chi l’ha dilaniata, a volte parla Francesca Genti e tiene i fili e ci fa sentire la musica e la forza straordinaria di una cantante indimenticabile, di una donna a cui dobbiamo qualcosa.

Dentro il libro ritroviamo le canzoni, il marito, ogni incontro, i concerti di successo e i fiaschi, le indecisioni, la rabbia, Miriam Makeba e Nelson Mandela, l’Africa, gli Stati Uniti, Amsterdam, Parigi. Partiamo con quella bambina che nella Carolina del Nord impara a suonare il piano e fa gridare al miracolo, la seguiamo dal 1933 fino al 2003, l’anno in cui è morta, il tempo dell’ultimo ballo, dell’ultimo canto scritto da Francesca Genti.

L’AUTRICE HA SCELTO di raccontare un’icona, ha avuto coraggio, consapevole del rischio, si è documentata a fondo, ma poi cronaca e sentimento li ha mescolati nelle ottave, nel tempo poetico che riesce a restituire il brivido, la voce che vibra, le mani di Nina pronte a lottare e – di nuovo – a toccare i tasti del pianoforte. «Questo è il tuo sogno, Nina» e in questi versi lo possiamo ritrovare.