Il Ragazzo con la rana non guarda più San Marco. Da oggi, a Venezia, dopo quattro anni, non c’è più. Ma che la rimozione della scultura di Charles Ray, Boy With Frog, da Punta della Dogana sia avvenuta, ieri mattina, a meno di trenta giorni dall’apertura della 55/ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale, è «un semplice e puro caso». Lo dice, senza indugi, l’amministrazione comunale di Venezia. E lo ribadisce la Fondazione Pinault, che sulla «disinstallazione» della loro scultura, pensata specificatamente per quel luogo dall’artista di Los Angeles, lasciano trapelare solo un gelido «No comment».

Il sindaco di Venezia, l’avvocato Giorgio Orsoni, non ha rinnovato alla Fondazione Pinault la proroga per l’occupazione di suolo pubblico. Il motivo addotto dal sindaco è la tutela generale della città. Soprattutto, quello di evitare un precedente. «L’esposizione di quella statua è stata autorizzata in relazione a una mostra, non come arredo permanente della città. Ci sono già state dieci proroghe», ha detto il politico. In verità, sono molte di più, perché dal 2009 i permessi per l’occupazione del suolo pubblico sono stati rilasciati, secondo prassi, ogni tre mesi e per quattro anni. «Per un caso analogo, quello di Botero nel 2003 – ha ricordato il sindaco – si è rispettata la scadenza dei tre mesi. Se si decidesse diversamente, riempiremmo la città. La Repubblica dei dogi non aveva acconsentito a metter sculture nei campi, fatta eccezione per il monumento a Bartolomeo Colleoni». E così, il Ragazzo con la rana, ha dovuto fare le valigie.

È certo che dal primo giugno, all’avvio della vernice della Biennale, il mondo internazionale dell’arte, scandalizzato dalla notizia che ieri è stata data anche dalla Bbc, a Punta della Dogana troverà il lampione in ghisa coniato della fonderia Hasselqvist. Che sarà collocato proprio dove era la statua di Ray: quel posto lo occupava, prima del restauro dell’area sollecitato dall’arrivo di Pinault, e firmato da Tadao Ando, fin da metà Ottocento. «Il lampione esposto a Punta della Dogana il 20 maggio sarà proprio l’originale», ha precisato la ditta Neri di Longiano, che ne ha curato il restauro. «Si tratta della stessa Lanterna», aggiungono i restauratori, «che lì si trovava dal 1851». Una precisazione arrivata il 7 maggio in risposta a un articolo apparso su Repubblica, dove si sottolineava che il lampione che prenderà il posto dell’opera di Charles Ray, dopo quattro lunghi anni, fosse solo una copia della «Lanterna» originale.

Intanto, da ieri a Punta della Dogana, di fronte l’Isola di San Giorgio, da un lato, e Piazza San Marco dell’altra, dove il Canal Grande si apre sull’azzurro del Bacino di San Marco, c’è il vuoto. L’opera di Ray è stata messa al sicuro nei depositi della Fondazione Pinault, ma dove sarà ricollocata non è ancora certo. Soprattutto, dopo che lo scultore di Los Angels ha rifiutato la proposta di Pinault che suggeriva all’artista di trasferire l’opera nell’altra grande proprietà veneziana del mecenate francese, ossia a Palazzo Grassi. Charles Ray in un’intervista sul New York Times rilasciata al critico d’arte Carol Vogel, ha fatto sapere che la ricollocazione a Palazzo Grassi snaturerebbe la scultura, realizzata proprio per occupare Punta della Dogana: a partire dal materiale in alluminio, il colore bianco latte, e le dimensioni ingigantite. «Speravo che alla fine il Ragazzo diventasse cittadino di Venezia», ha confidato Ray.

Ma i veri vincitori, alla fine, sono stati proprio i veneziani, che di quella scultura, emblema dell’arrivo di Pinault in Laguna, non erano mai stati entusiasti. E riuniti in Comitato hanno spinto perché a Punta della Dogana, simbolo della potenza commerciale della Serenissima, tornasse la Lanterna ottocentesca. Una polemica che sarà sicuramente dimenticata, tra qualche giorno, con l’apertura imminente del Palazzo Enciclopedico fra i Giardini e l’Arsenale.