Nessuno, in coscienza, ha mai pensato che governare Roma fosse semplice e privo di rischi. Amministrare una Capitale come la nostra comporta scelte difficili, a volte anche impopolari. Chi siede in Campidoglio deve considerare aspetti e fattori diversi, perfino confliggenti.

È, però, davvero triste constatare il declino subito dalla nostra Capitale in 4 anni di giunta Raggi, evidente perfino ai molti che l’hanno appoggiata.

Già prima della pandemia era chiaro quanto, per il futuro, fosse necessario parlare di progetti prima che di nomi. Ora è davvero ineludibile.

Per questo sento forte il dovere morale di fare un passo in questa direzione, nonostante il tempo sia poco. Serve coinvolgere le forze sociali, economiche, civili, il terzo settore e tutte le persone pronte a spendersi per il futuro di Roma. Serve un progetto innovativo, un cambio di prospettiva, una visione e, perché no, un sogno collettivo di rinascita. Idee, energie prima di sigle, simboli o nomi. Partendo dalla consapevolezza che esistono moltissime sacche di povertà e disagio sociale.

I disastrosi effetti economici del coronavirus ci lasciano schiere di persone disoccupate, cassintegrate, di commercianti e artigiani disperati in una città che aveva già visto una fuga verso il nord di aziende, scoraggiate da un tessuto economico e infrastrutturale fragile e vergognosamente trascurato.

Il Comune deve svolgere un ruolo essenziale per affrontare il tema delle povertà, delle disuguaglianze e delle ingiustizie sociali, coinvolgendo i più alti livelli istituzionali: il governo centrale, la Regione e l’Europa.

È inutile negare che quello occupazionale è un aspetto che riguarda particolarmente i giovani e le donne. È soprattutto alle donne che viene richiesto di sacrificare ambizioni, sogni e desideri in nome di quei ruoli di cura che sarà necessario riposizionare attraverso progetti dedicati all’aggregazione e alla tutela dei più piccoli e degli anziani di cui deve prendersi cura l’intera società, non solo la singola famiglia.

Un obiettivo molto concreto è un grande progetto a medio termine di manutenzione, pulizia e arredo della città. Un piano che la rimetta letteralmente in moto, un circolo virtuoso di lavoro, di servizi ai cittadini, di esaltazione della bellezza, di valorizzazione dei tantissimi centri di eccellenza culturale e scientifica. Le aree archeologiche e i beni culturali per cui Roma è conosciuta in tutto il mondo devono tornare centrali e fruibili per tutti e rafforzare il turismo e il suo indotto.

Cambiamo prospettiva.

Roma ha moltissime risorse e beni di edilizia pubblica inutilizzati, preziosissimi nell’ottica del recupero, non nuovi interventi espansivi, in una città già fin troppo soffocata. Solo riqualificazione, al centro e nelle aree periferiche, possono dare una prima risposta alle forme più gravi di emarginazione.
I parchi e i giardini, i luoghi di rifugio per gli animali, i due fiumi, le golene, il mare, labbandonati a se stessi sono un patrimonio cui dobbiamo dedicare grande cura.
Dobbiamo promuovere la mobilità sostenibile: mezzi elettrici e, ancora di più, percorsi ciclopedonali in tutta la città. I 400km di ferrovie diventino una rete capillare di trasporto cittadino. Il nostro obiettivo deve essere diminuire ogni anno del 10% il traffico automobilistico, anche promuovendo, fin dalla pubblica amministrazione, il ricorso al lavoro agile.
Una città tecnologica con una rete che copra l’intero territorio. La pandemia ci ha messo davanti al gravissimo digital divide che ancora spacca il Paese e le stesse città. Ne sono prova le troppe difficoltà ad affrontare lo smart working e la didattica a distanza di moltissime persone e tante famiglie. Serve una rete che raggiunga chiunque.
Chi conosce la mia storia sa che credo profondamente nella pari dignità. Il mio sogno è che Roma diventi un luogo sicuro e un posto accogliente per tutte le persone a prescindere dall’identità di genere, dall’orientamento sessuale, da come è formata una famiglia, dal colore della pelle, dal credo religioso. Roma Capitale non può più permettersi di lasciare indietro nessuno.