Otto e mezzo è il nome dell’installazione che lo scorso giovedì ha acceso la piazza del Maxxi di Roma, in occasione dell’Opening Yap 2014. Si tratta del progetto vincitore della quarta edizione italiana dello Young Architects Program, il concorso che ogni anno premia progetti di giovani studi di architettura sensibili ai temi del riciclo e della sostenibilità, organizzato dal Maxxi in collaborazione con il Moma/Moma Ps1 di NY, Constructo di Santiago del Cile, Istanbul Modern (Turchia) e per la prima volta con il Mmca National Museum of Modern and Contemporary Art di Seul (Corea).
Gli autori premiati dell’edizione 2014 sono gli Orizzontale, un collettivo di architetti romani che lavora su processi condivisi di riattivazione temporanea di spazi e contenitori dismessi: anche nella proposta per il Maxxi ha dimostrato la necessità e le potenzialità di lavorare e riciclare scarti urbani. Otto e mezzo sono le dimensioni, in altezza, della parete in legno che occuperà la piazza del museo per tutto il periodo estivo, e che presenta un lato rivestito da sfere di plastica ricavate dal riciclo dei contenitori della birra artigianale. La parete è in sé una scena, che dialoga con lo spazio aperto e con l’architettura di Zaha Hadid, ma è anche una soglia, attraversata la quale ci si trova in un teatro con gradoni in legno, tendaggi in copertura, e fontane refrigeranti pronte ad attivarsi all’occorrenza. A questa doppia natura tra il «fuori» e il «dentro», corrisponde una doppia vita del progetto, scandita dall’immagine diurna e notturna della parete in legno. Al calar della notte, si accendono le lampadine contenute nelle sfere di plastica, e il muro si smaterializza in una superficie luminosa capace di produrre luci e suoni.
Con la consolle del Dj Hugo Sanchez e gli ospiti affacciati alle balconate poste dentro la struttura in legno, la parete esterna di Otto e mezzo, nella serata dell’opening, ha assunto le sembianze di una strobosfera piatta e lo spazio si è trasformato in un dancing notturno, con musica e immagini del Vj Manuel Savoia proiettate in video-mapping sulle pareti del museo. E se a Venezia i temi della discoteca, del palco e dell’effimero emergono in molte delle proposte presentate all’Arsenale in Monditalia (Nightswimming: Discotheques in Italy from the 1960s until now di Giovanna Silva, Dancing Around Ghosts. Milano Marittima’s Panem et Circenses di De Gayardon Bureau, Effimero: or The Postmodern Italian Condition di Léa-Catherine Szacka, Cinecittà occupata di Ignacio G. Galá, etc.), è a Roma, al Maxxi, che queste suggestioniprendono forma, grazie all’abilità di un piccolo dispositivo architettonico, effimero e temporaneo, capace di accendere la piazza di un museo trasformandola in una suggestiva location per eventi e serate danzanti.
Quasi dispiace che finisca la notte e che, una volta spente la sfere luminose, le luci del giorno tornino a mostrare la parete in legno, e il suo retro con l’arena coperta, oscurando, se pur momentaneamente, le potenzialità del progetto e svelandone le componenti più scontate e meno interessanti.