Quello che sta emergendo con la nuova mazzettopoli lombarda racconta come il centro destra che governa questa regione da oltre vent’anni non ha voluto liberarsi di quel sistema di «frequentazioni pericolose» che tante volte si sono trasformate in scandali politici e giudiziari.

LE CARTE DELL’INCHIESTA che ha portato 28 persone in carcere e 95 sotto indagine mostrano la zona grigia dei favori, della spartizione del potere e dello scambio che inquinano gli appalti pubblici e la politica. Nomine fatte per compensare mancate elezioni, persone da risarcire, pratiche pubbliche da sbloccare, affiliati ai clan da far lavorare. E la figura politica più alta in grado in questo momento in Lombardia, il presidente della giunta Attilio Fontana, è da ieri anche lui indagato per abuso d’ufficio per un episodio forse minore rispetto alle accuse di altri indagati, ma significativo perché mostra come funzionano le cosiddette «frequentazioni pericolose», quelle che nei territori poi si trasformano in favori pubblici e pacchetti di voti.

QUELLI CHE IN QUESTO CASO non sono arrivati all’ex consigliere regionale di Forza Italia ed ex socio nello studio legale di Fontana, Luca Marsico. È attorno al suo nome che si sviluppa l’indagine sul presidente della giunta lombarda che ieri ha ricevuto a Palazzo Lombardia l’avviso di garanzia e la convocazione davanti ai pm per lunedì 13 maggio. Da parte lesa per aver rifiutato un tentativo di corruzione Fontana si ritrova ora indagato per abuso d’ufficio.

Secondo la tesi dei pm avrebbe indotto la nomina del suo ex socio di studio Marsico al Nucleo di valutazione degli investimenti della Regione, violando il principio di imparzialità perché quel posto non era di nomina fiduciaria, ma un incarico con avviso pubblico e 60 partecipanti. Fontana è accusato di aver abusato della propria posizione per risarcire Marsico per la mancata rielezione in consiglio regionale. Non erano arrivate le preferenze che sarebbero dovute arrivare da uno degli arrestati, Gioacchino Caianiello, il «ras» dei voti a Varese, collegio dove Marsico era candidato.

A QUESTO PUNTO FONTANA, secondo i magistrati, si sarebbe attivato per trovare una forma di risarcimento per l’amico-collega. Caianiello propone un baratto: la nomina alla direzione Formazione della Regione dell’attuale direttore generale di Afol, l’Agenzia metropolitana del lavoro, in cambio di consulenze fino a 90mila euro l’anno da parte di Afol a favore di Marsico. Fontana rifiuta ma dice a Caianiello di stare esplorando altre ipotesi. Fontana e Caianiello si conoscono da anni e sono cresciuti politicamente nella stessa città, Varese, dove Fontana è stato sindaco e Caianiello responsabile di Forza Italia.

CAIANIELLO HA AVUTO GUAI con la giustizia culminati nel 2017 nella condanna definitiva a 3 anni per concussione, ma tra i due la stima, manifestata da Fontana anche in alcune intercettazioni, e la collaborazione sono proseguite anche dopo la condanna definitiva del 2017. È a fine marzo 2018 che i due discutono infatti dei futuri incarichi di Marsico e respinto il baratto proposto da Caianiello Fontana si sarebbe attivato -è l’ipotesi dei magistrati- per piazzare Marsico tra i membri esterni del Nucleo valutazione investimenti pubblici della Regione.

La proposta di Fontana arriva in giunta e la nomina deliberata a ottobre 2018, un incarico da 11.500 euro l’anno con un gettone da 180 euro a seduta. «Risponderò ai magistrati puntualmente e serenamente» ha detto ieri Fontana. La sua candidatura alle ultime regionali lombarde era stata fortemente voluta da Matteo Salvini che ha difeso il suo presidente di Regione parlando di «vergognosi attacchi a un governatore la cui onestà e trasparenza non sono mai state messe in discussione in tanti anni, né mai potranno esserlo oggi o in futuro».

PER IL MOVIMENTO 5 STELLE, che in Lombardia è all’opposizione, «Fontana ha la responsabilità politica diretta della nomina dei suoi collaboratori e i fatti che stanno emergendo sono molto gravi».

Per il Pd Fontana è parte in causa di questa vicenda, «questo è il dato politicamente rilevante». Per il sindaco di Milano Sala l’inchiesta dimostra che «gli infrequentabili non ci devono essere e persone che hanno avuto un passato fatto di tentativi di corruzione non vanno frequentate. Bisogna avere massima trasparenza rispetto alle nostre agende».