La scoperta che in Spagna esiste un progetto in fase di attuazione per l’allevamento intensivo del polpo ha rilanciato il dibattito sul rapporto distorto che abbiamo instaurato con molte specie animali. La frontiera dell’allevamento si allarga sempre di più e arriva a coinvolgere questo cefalopode marino, con un ulteriore passo verso un sistema di sfruttamento animale generalizzato. La notizia circolava da un paio di anni, ma soltanto ora si conoscono i dettagli dell’operazione. «Si tratta di un progetto crudele e preoccupante a livello ambientale», afferma l’organizzazione animalista Eurogroup for Animals dopo essere entrata in possesso dei documenti ufficiali e averli forniti alla Bbc. Il progetto della multinazionale spagnola Nueva Pescanova, che opera nel settore della pesca e dell’acquacoltura, prevede l’investimento di 65 milioni di euro per la costruzione, entro la fine di quest’anno, di un impianto nell’area del porto di Las Palmas di Gran Canaria, con l’obiettivo di allevare ogni anno un milione di polpi della specie Octopus vulgaris, il polpo comune. Il mega-complesso andrebbe ad occupare un’area di 52 mila metri quadrati, con una struttura su due piani in cui sono disposte le mille vasche dove allevare i polpi. Si calcola che, per raggiungere la produzione prevista di tre mila tonnellate annue, è necessario concentrare mille individui per ogni vasca, con 10-15 polpi per metro cubo di acqua.

I PRIMI ESEMPLARI (70 MASCHI E 30 FEMMINE) per iniziare il ciclo riproduttivo verranno forniti dal Centro biomarino di Pescanova che si trova in Galizia, dove sarebbero stati addestrati per vivere in cattività. Dai documenti della multinazionale spagnola emerge anche che la tecnica utilizzata per allevare i polpi comporta un tasso di mortalità del 10-15%. In altre situazioni in cui si è tentato di allevare cefalopodi (Giappone, Messico, Stati Uniti), la mortalità non è mai scesa sotto il 20%. Quello dell’acquacoltura (allevamento di pesci, crostacei, molluschi) è un settore poco conosciuto, con scarse informazioni sui metodi impiegati. Ma quando si affronta il tema degli allevamenti intensivi non si può prescindere da due elementi: il benessere animale e la sostenibilità ambientale.

DI FRONTE AI PROGETTI CHE PUNTANO SUL POLPO, l’associazione animalista Compassion in World Farming in un report del 2021 sosteneva che l’allevamento di polpi, animali che rifuggono la cattività, è una «ricetta per il disastro», per le sofferenze che si procurano a questi cefalopodi e per l’ulteriore sfruttamento della fauna marina per ricavare i mangimi necessari a nutrirli. L’acquacoltura si è notevolmente sviluppata negli ultimi 20 anni e pone problemi di sostenibilità perché più di un terzo del pescato mondiale viene impiegato per alimentare i pesci allevati. Anche l’organizzazione Eurogroup for Animals parla di «progetto crudele e preoccupante a livello ambientale» e lancia appelli alle autorità spagnole e all’Ue per fermare la realizzazione dell’impianto di Las Palmas. L’Ue, con l’introduzione nel 2021 delle nuove linee guida sull’acquacoltura, indicava la necessità di porre fine all’impiego di farine e olio di pesce negli allevamenti per ridurre la pressione sulla fauna marina. L’allevamento intensivo di polpi va nella direzione opposta perché questi animali hanno bisogno di una quantità di cibo pari a tre volte il loro peso. Per far fronte alle esigenze nutritive dei polpi di Las Palmas bisognerà incrementare la pesca nei mari dell’Africa occidentale, dove la fauna marina già subisce una forte pressione. In ogni caso, mettere in piedi allevamenti di polpi non rallenterebbe le attività per la cattura di questi animali nelle acque marine.

MA C’E’ UN ULTERIORE ELEMENTO CHE PESA nel valutare l’opportunità di allevarli: è un animale che ha un sistema nervoso complesso e mostra una varietà di comportamenti da essere assimilato ai mammiferi più evoluti. Sono numerose le ricerche che hanno cercato di comprendere questa somiglianza funzionale. Quando gli studiosi valutano le capacità che hanno le singole specie animali nel mettere insieme le informazioni e comprendere le relazioni tra i vari aspetti dell’ambiente in cui vivono, arrivando a stilare delle classifiche, il polpo lo troviamo sempre tra i primi dieci.

I 500 MILIONI DI NEURONI PRESENTI NEL SUO CORPO, distribuiti per due terzi nelle otto braccia e per un terzo nella testa, sono il risultato di una evoluzione durata 200 milioni di anni e consentono di avere comportamenti complessi: apprendimento osservativo, uso degli oggetti presenti nei fondali per costruire le tane, mimetismo volontario con cambiamento di colore per sfuggire ai predatori, gioco. Saremmo di fronte ad una «contraddizione evolutiva» che mette in discussione la distinzione tra vertebrati «intelligenti» e invertebrati «stupidi».

UNA RICERCA INTERNAZIONALE A CUI HANNO partecipato la Stazione zoologica di Napoli, la Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste e l’Istituto italiano di tecnologia, con la pubblicazione dei risultati nel giugno 2022 sulla rivista scientifica BMC Biology, ha analizzato il sistema nervoso dell’animale. E’ emerso che nel lobo verticale del cervello del polpo, un’area che corrisponde all’ippocampo dell’encefalo umano, sono presenti strutture che sono associate alle facoltà cognitive, come apprendimento e memoria. Questo spiegherebbe la capacità che ha il polpo di rispondere agli stimoli esterni in modo simile a quanto avviene nei mammiferi. Una scoperta, secondo i ricercatori che mostra come operano i meccanismi evolutivi in specie anche molto distanti da un punto di vista filogenetico. Questo antico invertebrato ci fornisce elementi di comprensione sull’evoluzione dell’intelligenza animale nelle sue molteplici forme.

PETER GODREY-SMITH, FILOSOFO E SOMMOZZATORE che li studia da molti anni, sostiene che siamo di fronte a un «esperimento indipendente nel campo dell’evoluzione». Sono 300 le specie presenti e un centinaio quelle pescate. Ogni anno a livello mondiale se ne pescano circa 350 mila tonnellate per un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro. Anche se la pesca ha intaccato numerose popolazioni, non è considerato un animale in via di estinzione, grazie alla sua elevata capacità riproduttiva. Per l’allevamento si punta sull’Octopus vulgaris, che è la specie più richiesta dal mercato. La pretesa di allevarli in modo industriale si scontra con la loro natura di animali solitari che, quando vengono concentrati in spazi ristretti, sviluppano comportamenti aggressivi e cannibalismo, con gli elevati tassi di mortalità che ne derivano. E se è vero che sono animali senzienti, non si può ignorare la questione del loro benessere. Ma in Europa non c’è una legge che li protegga, perché le attuali norme sul benessere animale si applicano solo ai vertebrati.