«Dirty business» («sporchi affari») sono due parole che ricorrono spesso nelle esternazioni pubbliche di Neville Gafà, capo di gabinetto dell’ex premier maltese Joseph Muscat dimessosi il 13 gennaio 2020. Gafà le riferisce alle organizzazioni umanitarie coinvolte nei salvataggi delle persone in fuga dalla Libia. Sabato scorso, però, le ha utilizzate anche per accompagnare una minaccia via Twitter al giornalista di Avvenire Nello Scavo: «Stop your dirty business. If not we will be stopping you».

L’intimidazione è apparsa in uno scambio sul social network avviato da Alarm Phone (Ap), centralino che diffonde gli Sos dei migranti, con la denuncia del respingimento in Libia di 93 persone e un bebé nato durante la traversata. Sei i morti. «Europa, smetti di uccidere vite nere in mare!», aveva scritto Ap. «Meglio che fermiate i vostri sporchi affari. Pieno supporto alla guardia costiera libica», ha risposto appena due minuti dopo Gafà. A quel punto Scavo ha chiesto: «Affari sporchi, petrolio sporco, accordo sporco tra i governi. Qualcosa da dire a proposito di questi sporchi mezzi?». Da qui la minaccia.

La domanda di Scavo non era casuale, ma faceva riferimento ai traffici illeciti che si svolgono tra La Valletta e Tripoli recentemente denunciati dal giornalista sulle pagine di Avvenire. In particolare: una compravendita di petrolio che coinvolgerebbe anche la mafia siciliana e l’esistenza di una flotta fantasma che respinge illegalmente i migranti verso il paese nordafricano.

Non è la prima volta che l’inviato riceve minacce per il suo lavoro di inchiesta. A ottobre scorso il ministero dell’Interno aveva disposto la scorta per proteggerlo, insieme alla giornalista free lance Nancy Porcia, dal miliziano libico Abd al-Rahman al-Milad. I due avevano documentato in occasioni distinte la presenza di «Bija», soprannome dell’uomo, in una delegazione al Cara di Mineo a maggio 2017 e alcuni suoi affari illeciti all’inizio dello stesso anno.

Questa volta, però, l’intimidazione non è partita da un trafficante di uomini ma da un ex esponente istituzionale di un governo europeo, che secondo le informazioni raccolte da Avvenire continuerebbe a essere coinvolto in alcune azioni dell’esecutivo, sebbene non ufficialmente. «Ce l’avevo con Alarm Phone e non con Scavo», ha puntualizzato successivamente Gafà, dopo che l’episodio ha creato indignazione a livello internazionale.

Da più parti sono piovuti attestati di stima e vicinanza al giornalista. Tra i primi quello della comandante Carola Rackete, che ha scritto: «Malta è coinvolta in tanti affari sporchi, come l’uso di pescherecci maltesi per riportare i rifugiati in Libia dalla zona Sar maltese». Solidarietà via Twitter anche dal mondo della politica, con Nicola Fratoianni (portavoce di Sinistra Italiana), Matteo Orfini (deputato Pd), Elly Schlein (vicepresidente della giunta dell’Emilia-Romagna), Pietro Bartolo (europarlamentare eletto con il Pd) e Pierfrancesco Majorino (europarlamentare Pd). Erasmo Palazzotto, deputato di Leu e presidente della commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, ha annunciato l’intenzione di presentare un’interrogazione parlamentare sulla vicenda.

A testimoniare l’importante lavoro giornalistico condotto da Scavo anche le tante prese di posizione di associazioni e Ong: Oxfam Italia, Centro Astalli, Baobab, Sea-Watch, Mediterranea, Sos Meditteranée e molte altre.

«Il governo italiano protesti in modo formale con quello maltese e chieda il nome del funzionario che ha minacciato Nello Scavo per le sue coraggiose inchieste sui respingimenti e sulle violazioni dei diritti umani» ha twittato Beppe Giuletti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi).

Anche la redazione del manifesto esprime solidarietà al collega Nello Scavo e chiede alle autorità italiane di mettere in campo tutti gli strumenti necessari a proteggere la sua persona e più in generale il diritto di cronaca.