Anche l’Italia svilupperà una sua piattaforma vaccinale. L’intenzione del governo è delineata nella legge di bilancio 2022. Il progetto sarà realizzato dal Biotecnopolo di Siena, una nuova fondazione che entro 90 giorni dovrà dotarsi di uno statuto sotto l’egida dei ministeri dell’economia, della salute e dello sviluppo economico. Il Biotecnopolo dovrà stringere accordi e avviare collaborazioni con «soggetti nazionali e internazionali» ma un ruolo preminente sarà svolto dalla fondazione Toscana Life Sciences, centro di ricerca già attivo sul territorio senese. Lo stesso in cui Enrico Letta ha conquistato il suo seggio parlamentare, fanno notare le malelingue.

La direzione del progetto, ma questo nella finanziaria non è scritto, sarà affidata a Rino Rappuoli, uno dei più importanti vaccinologi al mondo. A lui sono dovute le scoperte decisive per lo sviluppo di vaccini contro meningocco, pertosse, pneumococco, meningite e H. influenzae, sviluppate in collaborazione con università e aziende di mezzo mondo. Originario di Radicofani (40 km da Siena) e docente emerito dell’ateneo cittadino, Rappuoli è già nel comitato scientifico di Toscana Life Sciences dove dirige il laboratorio di ricerca sugli anticorpi monoclonali. Ma soprattutto è direttore scientifico di Gsk Vaccines, la divisione vaccini della multinazionale farmaceutica Gsk. A Siena, Gsk Vaccine ha uno dei tre centri di ricerca mondiali e uno stabilimento produttivo che da anni attraversa una grave crisi industriale. La legge di bilancio assegna alla fondazione 9 milioni di euro per il 2022, 12 per il 2023 e 16 annui dal 2024. Ma alle attività di ricerca e sviluppo potranno essere destinati fino a 340 milioni di euro, attinti dal cosiddetto Fondo complementare, l’investimento di 30 miliardi con cui il governo «accompagnerà» le iniziative incluse nel Pnrr vero e proprio.

Il Biotecnopolo non dovrà occuparsi solo di vaccini e probabilmente ingloberà anche le attuali ricerche sugli anticorpi monoclonali contro il Covid-19 condotte dal laboratorio di Rappuoli. Ma le fonti ben informate raccontano che la vera scommessa riguarda lo sviluppo di vaccini basati sull’mRna, dello stesso tipo di quelli prodotti da Pfizer e Moderna. Un’operazione complessa e che non porterà risultati in tempi brevi – si parla di 1-2 anni – ma che punta a dotare l’Italia di una «piattaforma» vaccinale.

Cioè di un’infrastruttura scientifica e industriale in grado di produrre vaccini da adattare con una relativa rapidità anche contro eventuali nuove minacce e aumenterebbe la capacità di risposta dell’Italia a future pandemie. Proprio la disponibilità di una simile piattaforma ha messo Pfizer e Moderna in condizione di disporre di un vaccino contro il Covid-19 in meno di un anno, e il successo ha indotto Pfizer, Moderna e il National Institutes of Health (l’istituto pubblico di ricerca statunitense che ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo dei vaccini) a sperimentare la stessa tecnica anche contro Hiv, influenza, Ebola, Zika e altre malattie infettive. La disponibilità di vaccini di frontiera e a gestione pubblica non avrebbe solo ricadute nazionali: l’Italia diventerebbe un attore di primaria importanza a livello internazionale nelle future iniziative di salute pubblica, che nella pandemia anti-Covid sono state monopolizzate da un pugno di aziende farmaceutiche.

In passato, il governo aveva già avviato l’investimento in un vaccino made in Italy, basato sulla piattaforma adenovirale dell’azienda Reithera, con uno stanziamento di 50 milioni poi bloccato dalla Corte dei Conti nel passaggio di consegne tra Conte e Draghi. Oltre alle incognite insite in ogni impresa scientifica di frontiera, anche il progetto senese dovrà superare il terreno accidentato dalle cordate politiche, interessate più a controllare gli investimenti straordinari post-pandemia che alla salute pubblica. Ne è prova la legge di bilancio stessa, in cui il governo ha garantito un finanziamento di 500 milioni alla fondazione Enea Tech and Biomedical su cui vigila l’occhio attento del ministro dello sviluppo Giorgetti.

Enea Tech avrà a disposizione il «Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico» che ha tra i suoi scopi anche «la riconversione industriale del settore biomedicale per la produzione di nuovi farmaci e vaccini». Il motivo di mantenere due linee di investimento con lo stesso obiettivo non è chiaro. Il rischio di sprecare risorse in progetti-doppione per garantire poltrone e risorse a tutto l’arco politico invece è piuttosto evidente