L’«orizzonte catastrofico» del capitalismo è più vicino nella crisi del Covid, ma un’«intelligenza collettiva rivoluzionaria» è da costruire. Bisogna reinventare una «moderna politica di piano» finalizzata allo sviluppo dei diritti economici, civili, politici e sociali. Pensiamo a una nuova politica basata sull’«interattività» tra «pianificazione, libertà e democrazia» opposta allo scontro interno al capitale tra «globalisti» e «sovranisti» che soffoca ogni istanza rivendicativa.

QUESTE TESI, esposte dall’economista Emiliano Brancaccio nel libro Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione (Mimesis, pp. 232, euro 18, a cura di Giacomo Russo Spena), interpretano l’idea della pianificazione pubblica dell’economia su basi diverse da un equivoco «ritorno a Keynes». La «pianificazione» è stata spesso sovrapposta a una programmazione sovietica dell’economia.

IN REALTÀ, RICORDA Brancaccio, è stata anche una stagione del capitalismo iniziata con il New Deal di Roosevelt e declinata in seguito in Europa. Allora il capitalismo adottò la prospettiva dello «Stato-piano» per rispondere all’offensiva comunista. Va anche ricordato che, tra gli anni Sessanta e Settanta, le lotte sul salario «variabile indipendente» e sui diritti sociali degli esclusi nacquero contro lo «Stato-piano» e la sua incapacità di rispondere alla stagflazione e alla crisi fiscale. Aspetti rimossi nell’attuale epidemia di nostalgia per un «patto» impossibile da riproporre dopo 40 anni di neoliberismo.

BRANCACCIO RIPENSA il «piano» come un dispositivo innervato nella società che assicura la «libera individualità sociale» attraverso la partecipazione dei soggetti e non l’eterodirezione dello Stato. Dal punto di vista economico, l’idea è contraria alle politiche dominanti il controllo della libertà di circolazione internazionale dei capitali finanziari, l’aumento dei salari e delle tutele del lavoro, la mobilità dei migranti oltre i confini degli Stati. Questo «è più rilevante della mera scelta tra una moneta unica e più monete nazionali» osserva l’economista. Nel caso del vaccino anti-covid, «pianificazione collettiva» significa l’acquisizione delle conoscenze dei privati per metterle gratuitamente a disposizione degli scienziati e della collettività. «Avremmo bisogno di un comunismo scientifico nella lotta contro il virus», aggiunge.

IL LIBRO SPIEGA LA CRISI in corso con la legge marxiana della «tendenza» alla centralizzazione dei capitali, il processo che ha portato alla concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di un manipolo di capitalisti. Questa legge coinvolge anche la forza lavoro in senso inversamente proporzionale. Tanto più la centralizzazione del capitale polarizza la società, tanto più accresce le dimensioni delle classi lavoratrici che sono contrapposte in un conflitto reazionario tra gli ultimi e i penultimi. Ciò non toglie che il «piano» possa essere rovesciato e sviluppato in senso progressivo. Questo passaggio non è affatto scontato. «Il fatto che il capitale ci renda uguali nella soggezione non è negativo in sé come ci dicono i sovranisti reazionari – sostiene l’autore – ma non è nemmeno positivo come ci dicono i globalisti liberali. È positivo solo se quella tendenza progressiva a rendere tutti i lavoratori egualmente sfruttati si trasforma in un rinnovato antagonismo di classe».

LA «CLASSE – osserva l’economista – è ancora una parola-tabù nel linguaggio politico odierno». In effetti lo è nella cultura dominante o nel dibattito tra gli economisti di professione dove Brancaccio è tra i pochi a interrogarsi su questo problema. Non lo è, ad esempio, nel dibattito femminista dove la classe è intesa come un pluriverso di molteplici oppressioni e un soggetto di possibili resistenze. Approcci simili esistono nell’ecologia politica e nei marxismi di scuole diverse.

IN UN MOMENTO di massima frammentazione e di rifeudalizzazione della società, mentre i populismi di varia confessione neutralizzano il conflitto politico, come si crea un divenire-classe all’altezza della composizione eterogenea della forza lavoro? Brancaccio descrive questo passaggio come una tragedia shakespeariana in tre atti: «Prima il virus, poi la crisi economica, infine una ridefinizione dei lineamenti della lotta di classe». Il dramma non ha una catarsi finale, anche se una soluzione può venire da una nuova sintesi tra i «lineamenti» per ora presenti nelle lotte per il salario, per la casa, la «cura» e la sanità pubblica, per il reddito (nel libro inteso solo nei termini minimalisti di «redistribuzione»), in generale per un Welfare universale sostenuto da una rivoluzione fiscale in senso progressivo, dalle lotte antirazziste, contro il patriarcato e per l’autodeterminazione.