La decisione dell’amministrazione Biden è di estrema importanza e potrebbe rappresentare una svolta storica nella lotta contro la pandemia. È altresì il risultato dell’enorme pressione organizzata in tutto il mondo dalle reti associative attive in difesa del diritto alla salute, che hanno costruito alleanze con ampi settori del mondo scientifico, artistico e culturale. Vi è stato un susseguirsi impressionante di appelli in sostegno della moratoria: l’Oms, l’Unaids, l’Unitaid, la “Commissione Africana per i Diritti Umani”, 243 Ong e 170 personalità, fra cui numerosi premi Nobel. Prese di posizione che hanno rafforzato l’azione dell’ala sinistra del Partito Democratico statunitense verso il presidente.

Alla base della decisione di Biden vi sono anche ragioni di opportunità mediatica ed economica: nello scenario interno può rivendicare la propria coerenza con quanto dichiarato in campagna elettorale sulla necessità di una risposta globale alla pandemia; nello scenario internazionale si pone come il salvatore dell’umanità, rimette gli Usa al centro dello scenario mondiale e contemporaneamente risponde agli allarmi lanciati da diversi centri studi di economia, secondo i quali il crollo del sud del mondo – geografico ed economico – con la conseguente contrazione del mercato globale, avrebbe prodotto una danno economico enorme nei Paesi maggiormente sviluppati, primi tra questi gli Usa.

QUESTE REALI contraddizioni interne all’attuale capitalismo neoliberista, nulla tolgono né all’oggettività importanza delle decisioni della Casa Bianca, né alla possibilità che, grazie a tale scelta, molte, forse milioni, di vite umane possano essere risparmiate.

A difendere gli interessi di Big Pharma è rimasta fino all’ultimo la Commissione europea e i Paesi dell’Ue, tra questi il governo italiano; il 19 aprile il Comitato italiano impegnato nella raccolta di un milione di firme sull’Ice- l’Iniziativa dei cittadini europei – “Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia” aveva inviato al presidente Draghi una lettera con le firme di oltre cento associazioni nazionali, tra le quali tutti i principali sindacati, chiedendo che il governo appoggiasse la moratoria sui brevetti richiesta dall’India e dal Sudafrica con l’appoggio di un centinaio di Paesi, e che esercitasse tutta la sua influenza per obbligare la Commissione europea a modificare la propria posizione.

Stiamo ancora aspettando la risposta. Ora, dopo la decisione di Biden, dalla presidente della Commissione europea ai ministri italiani è un susseguirsi di dichiarazioni di disponibilità alla trattativa. Non esprimo alcun giudizio, saranno i lettori a valutare l’eticità di simili comportamenti; mi auguro solo che a queste tardive dichiarazioni seguano comportamenti conseguenti.

Fino ad ora ci siamo battuti perché avesse inizio la partita, ossia la discussione sulla moratoria; ora che la partita ha inizio il gioco si fa estremamente duro e c’è bisogno di tutti. Big Pharma si è già scatenata alternando dichiarazioni minacciose “con queste decisioni sarà più difficile sconfiggere la pandemia”, a lacrime di coccodrillo sulle conseguenze economiche di queste scelte, dimenticandosi non solo che questi vaccini sono stati prodotti con ampi finanziamenti pubblici – ad esempio secondo quanto riportato dal the Guardian il vaccino AstraZeneca è stato prodotto con il 97% di soldi pubblici o provenienti da enti di beneficenza – ma anche ignorando i profitti stratosferici realizzati in questi mesi e nei prossimi. Infatti, la proposta di moratoria non prevede un esproprio, ma anzi un risarcimento, da definire in ambito Wto, alle aziende possessori del brevetto.

PER CONTRASTARE questa azione lobbistica sarà fondamentale, nelle prossime settimane, il ruolo della società civile nel premere per una rapida e soddisfacente soluzione per la salute dell’umanità. E’ importante rafforzare da subito la raccolta di firme “Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia” per obbligare la Commissione e gli stati europei a modificare a 180° la propria posizione. Il tempo è un fattore fondamentale; è diverso raggiungere un accordo tra una settimana o tra sei mesi, ogni giorno che passa ci sono delle morti evitabili.

E’ necessario vigilare perché l’accordo non sia una semplice dichiarazione d’intenti che rimane poi irrealizzabile, come fu la dichiarazione di Doha del 2001, nella quale il Wto affermava che la tutela dei brevetti non avrebbe mai dovuto impedire ai governi di fornire la miglior assistenza sanitaria possibile ai loro cittadini. Parole sante, ma solo parole.

Quello per cui ci battiamo è l’affermazione del diritto alla salute per tutti, non un aumento dell’intervento caritativo. La carità è importante, ma non può sostituire la fruibilità di un diritto, può eventualmente rafforzarlo.

AI TEMPI DELLA pandemia da Aids, pur di mantenere i brevetti fu attivato il “Fondo Globale Aids Tbc Malaria” attraverso il quale raccogliere fondi da privati e da Stati per distribuire farmaci ai Paesi poveri. In questi casi è sempre il “ricco” che decide a chi dare e cosa dare: in Africa sono ancora milioni le persone Hiv+ che non possono curarsi. E’ la filosofia proposta dalla Fondazione Gates e sostenuta anche da Big Pharma, che oltretutto potrebbe capitalizzare un’immagine di buon mecenate.
Quello di ieri è un passo importante, forse storico, ma la strada è ancora lunga.