Un vulcano a cui va dato calore e fuoco per permettere le esplosioni di lapilli. O anche un bocciolo di fiore che sta per aprirsi. E ancora, uno «snodo» autostradale che può considerarsi un punto di partenza di quel network che è diventata ormai la città, inglobando – nel caso di Roma – pure le vestigia del passato, le rovine romane e le tradizioni antiche.
Sono queste alcune delle definizioni scelte da Hou Hanru, nuovo direttore artistico «unitario e integrato» del Maxxi per fornire al pubblico il suo ritratto ideale della «creatura-museo». Una sfida eccitante che si accinge a prendere su di sé a partire dal 1 dicembre prossimo, con uno stipendio buono ma non da superstar – poco più di quattromila euro al mese, tipologia ministeriale – e un progetto che ridisegna il Maxxi con una direzione unica, trasformandolo in una «piattaforma della contemporaneità, una piazza pubblica della creatività che non fa più distinzione fra architettura e arte».
Hou Hanru, curatore che vive fra Parigi e San Francisco (è nato nel 1963 a Guangzhou), un background con Biennali da Lione a Shanghai a Venezia fino alle collaborazioni con il Guggenheim e il Walker Art Center di Minneapolis, è arrivato al Museo del XXI secolo superando una selva di candidati. Ha tagliato il traguardo – si presume spazzando via anche colleghi italiani – battendo altri tre (misteriosi) concorrenti giunti in finale. Con la sua visione ha conquistato il cda: Giovanna Melandri, Beatrice Trussardi e Monique Veaute sostengono di non aver avuto tentennamenti.
Nel suo imminente futuro, il Maxxi sarà dunque un luogo di ricerca e un laboratorio «per menti pensanti», cercherà di guadagnare partnership private e sponsor (almeno per un cinquanta per cento, secondo la presidente Melandri, l’altra metà riguarda i finanziamenti pubblici) e proverà a trarre profitto dalla spending review che – tra commissariamenti e abbandoni governativi – è stato costretto a mettere in atto. Prima però dovrà uscire dalla palude in cui è rimasto invischiato, ritrovare risorse, stimoli, energie vitali. In attesa della sua sperata renaissance, sfodera il suo programma di mostre per scavallare l’anno (da Clemens Von Wedmeyer a Basilico fino a Effetto Erasmus, architetti italiani all’estero).
Intanto, i visitatori lanciano segnali positivi: sono aumentati, quasi un trenta per cento in più rispetto all’anno scorso. A testimonianza, ancora una volta, che nei periodi di crisi economica il consumo culturale funziona da antidepressivo.