Cominciamo da due aneddoti. Il primo. In una di quelle librerie tra occasione e modernariato, alla fine di una dotta, appassionata discussione, un avventore non poté trattenersi dal constatare, lasciando trasparire un punto esclamativo: «Anche per Pinocchio c’è una scienza specifica». Intendeva dire, quella scienza non essere solo pertinente al personaggio, al suo mondo e alle sue interpretazioni, ma anche alle sue vicende editoriali, comprese quelle commerciali.

Queste ultime, le vicende commerciali nell’ambito del collezionismo, complicate da una vicenda particolare: che, edizioni antiche a parte, ogni edizione di Pinocchio può diventare preziosissima non per una ma per varie circostanze, tra le quali primeggia il nome dell’illustratore. Non è data quasi edizione del libro che, come tutti sanno, non sia accompagnata da illustrazioni di firma più o meno illustre e da ciò si può facilmente immaginare che cosa consegua. E con questo siamo al secondo aneddoto, che è un corollario del primo.

Più volte, osservando quell’istituzione degli uffici italiani che è stato (e credo sia ancora) il Calendario dell’Arma dei Carabinieri, mi sono sorpreso a immaginare che cosa sarebbe stato se, ad ogni mese – come previsto da ogni calendario che si rispetti – ci fosse stata, in organizzazione diacronica da gennaio a dicembre, la stessa situazione, variamente illustrata da Mazzanti e Chiostri a Mattotti e oltre, di Pinocchio tra i Carabinieri. Non so se sia stata mai fatta (so che è stata suggerita), ma avrebbe permesso di ripercorrere da un’angolazione davvero speciale una tratta della storia d’Italia, come a suo modo aveva già dimostrato, in linee generali, quaranta anni fa, 1984, il rinomato libro di Rodolfo Biaggioni, Pinocchio. Cent’anni di avventure illustrate, pensato per tutt’altro scopo, squisitamente bibliografico che era.

Intanto, quelle divise che sembrano sempre nei secoli fedeli a se stesse, si sarebbero mostrate nel loro inappuntabile divenire, almeno agli occhi degli artisti ritraenti se non alle mani dei sarti confezionanti – e così anche il naso dell’eroe della nostra storia: un naso non è sempre un naso, e quello di Pinocchio, se non ha cambiato le sorti degli imperi come quello di Cleopatra, qualcosa ha cambiato: naso bugiardo per eccellenza; ma a suo modo anche naso di verità, tanto trasparente ne è il senso, quando si allunga. Per dire che l’illustrazione nel libro di Pinocchio non è mai meramente decorativa (non sarebbe poco lo stesso, giacché sarebbe un modo per capire come Pinocchio è stato aggettivato, diciamo così, nel corso dei decenni); l’illustrazione nel libro di Pinocchio, invece, è sempre interpretativa, e costituisce la forma di commento più adeguata al libro.

Tutto questo veniva in mente sfogliando e leggendo un libro che viene ora diabolicamente a rinfocolare manie collezionistiche e questioni interpretative destinate a non concludersi (per fortuna). Infatti, non è soltanto la vicenda delle traduzioni e ricezioni di Pinocchio che viene affrontata in Atlante Pinocchio La diffusione del romanzo di Carlo Collodi nel mondo (allestito sotto la direzione scientifica di Giovanni Capecchi per l’Istituto della Enciclopedia italiana, Treccani, pp. XXXII-662, con XCII tavole fuori testo, € 60,00), ma, direttamente e no, anche la questione delle illustrazioni e delle interpretazioni.

La diffusione «nel mondo» è un genere sempre più difficile da praticare da un solo nocchiero, e infatti l’Atlante ne ha messi in mare una schiera; ma, come sempre, non mancano i pionieri e va ricordato almeno Piero Zanotto, autore di un Pinocchio nel mondo nel 1990 e poi firmatario del catalogo di una mostra di illustrazioni pinocchiesche (2008) dal titolo Pinocchio. Un naso lungo… il giro del mondo. Anche se l’antecedente dell’Atlante è nell’impostazione di Pinocchio esportazione (proprio come le famose sigarette «nazionali») curato da Giorgio Cusatelli e prefato da Fernando Tempesti (autore del memorabile Chi era Collodi. Come è fatto Pinocchio) nel 2002. Ma la mole e l’organicità dell’Atlante ne fanno un’impresa nuova.

Il volume, ricco di illustrazioni che riproducono in massima parte le edizioni tramite le quali Pinocchio è andato e va in giro per il pianeta, è organizzato geograficamente: per continenti e lingue-nazioni, talmente articolato che viene senz’altro da far propria la citazione di Calvino posta a conclusione dell’introduzione di Capecchi, Dall’Italia al mondo (che serve anche coma capitolo sull’Italia, assente nell’Atlante, e non occorre spiegare perché). Scriveva Calvino nel 1981: «viene naturale di pensare che Pinocchio ci sia stato sempre: non ci si immagina un mondo senza Pinocchio».

È talmente vero che, andando in giro, Pinocchio ha anche talvolta perso il suo autore (ora che rileggo, mi accorgo che Collodi non è mai stato ancora nominato neanche in questo articolo), e ha generato figli e figliastri in maniera più o meno gratuita o arbitraria (le famose «pinocchiate»); abbiamo dunque un personaggio che non solo taglia i legami con l’autore, ma anche con il libro in cui è nato e nel quale è stato riconosciuto come preesistente al libro stesso, quando Arlecchino e Pulcinella lo individuano tra il pubblico al teatro di Mangiafoco.

Nelle lontane Americhe, per esempio, c’è da credere che in generale (e anche perché si sa come vanno le cose tra libro e film: non riapriamo il dibattito, no) sia senz’altro considerato come un personaggio di Walt Disney (di ritorno, è successo anche da noi: basti ricordare quei volumetti in cui somigliava a Peter Pan). A tal proposito, è di non poco interesse un passaggio quasi all’inizio del capitolo dedicato agli Stati Uniti: in un volume del 1988 si dava conto «delle 250 rese diverse del testo, fra traduzioni originali, revisioni, condensazioni, continuazioni e adattamenti in molteplici media, tra cui teatro, radio, film e televisione.

A tale rassegna si dovrebbero aggiungere tutte le edizioni non reperite, quelle non documentate, nonché l’enorme quantità di prodotti tipografici disseminati da Walt Disney», tanto che «neppure la fondazione Walt Disney è sicura del numero esatto di edizioni e ristampe del loro Pinocchio». Pop-up a parte, se posso permettermi un’intromissione, sono molto affezionato alla mia copia dell’edizione condensata da Sidney G. Firman del 1924, sia per le illustrazioni di Frederick Richardson, nelle quali il naso di Pinocchio non supera mai le dimensioni, che ne so, di quello di Cyrano; sia per una dedica a penna stilografica, con doppia firma («Dorothy and Jeannette»: due compagne di scuola? due zie? due amiche della mamma?) per un’Evelyn, datata «Christmas 1932»: una di quelle vicende delle quali non si saprà mai nulla di più di quella dedica.

In ogni caso, nelle illustrazioni del libretto americano, il cappellino di Pinocchio sembra ottenuto dal ripiegamento di una bandiera giapponese. Vedi il caso. Se ci spostiamo (spostarsi sugli atlanti è agevole) e andiamo a vedere che cosa è successo in Cina, possiamo innanzitutto rilevare come le riscritture di Pinocchio di intento propagandistico siano da considerare a tutti gli effetti delle pinocchiate: è un decadimento del senso delle cose un Pinocchio corrotto e venduto al Giappone, come in un rifacimento del 1940. Ma in Cina, Pinocchio si mostra essere una folla, a partire dai nomi che gli sono dati: Pinuocao e Pingnuoquiao (due varianti ancora in corso) a Jiepeituo e Zepide.

Il lettore di questo Atlante dalle cento (e più) voci svolte in pagine fittissime da cento (e più) specialisti, ha di che sbizzarrirsi, al di là delle ovviamente ritornanti osservazioni sulle scelte traduttorie. Sarà un caso se Pinokio deve la sua fortuna francese a una Contessa di Gencé? E se alla traduzione in russo di un italiano di Odessa si contrappone presto, da Mosca, Le avventure di Fistaška. Vita di una marionetta-Petruška? (per inciso, Fistaška vuol dire «pistacchio»). Una doppia traduzione è in swahili, e doppia è anche la traduzione in esperanto.

E se c’è Pinocchio in esperanto, colgo l’occasione di ricordare ai lettori che c’è anche un Pinocchio in Emojitaliano (2017) di Francesca Chiusaroli, Johanna Monti, Federico Sangati, con tanto di glossario e grammatica: che è insieme versione-traduzione, condensazione e edizione illustrata, se si può dire. Con quel tipo, Pinocchio, non si finisce mai. Richiede, come diceva quell’avventore, una scienza a parte, e nemmeno basta.