Un paese guidato da un regime dittatoriale, avente come principale sostegno un’oligarchia mafiosa, predatrice dei beni e dei diritti del suo popolo, ha invaso un altro paese, governato da una classe dirigente largamente corrotta secondo regole approssimativamente democratiche (più sul piano formale che della sostanza). Due popoli che hanno convissuto per secoli in un modo sufficientemente pacifico con notevoli commistioni e “traffici” sul piano dei legami personali, degli scambi sociali e della cultura, si sono trovati divisi da un odio impensabile. I danni saranno incalcolabili soprattutto per il popolo ucraino (già diventato un agnello sacrificale), ma anche per i russi e per gli europei.

L’invasione è eticamente inaccettabile. L’etica è il fondamento della Polis e della politica, non un astratto insieme di valori di lusso. Fuori dall’etica c’è solo la barbarie, la morte dell’idea stessa della pace e il diritto del più spietato. Comunque vada a finire la guerra (che sia la Russia sia gli Stati Uniti non hanno alcuna fretta di concludere) la convivenza pacifica tra i popoli europei sarà gravemente ferita e attraverso le reazioni a catena, che già si intravvedono, l’intero mondo subirà una scossa destabilizzante tremenda. La corsa al riarmo è diventata un processo ineludibile e la nuova situazione di emergenza, legata a uno stato bellico in via di diventare permanente, indebolirà ulteriormente la democrazia.

L’opinione pubblica in Europa si divide ancora una volta su questioni fuorvianti, inseguendo letture geopolitiche incongrue perché si fa fatica ad accettare che le superpotenze non seguono una logica ragionevole, che il loro fare, tutto centrato sul presente immediato (anche quando assume vesti strategiche), è cieco. I presupposti delle loro azioni sono fatalmente paranoici: si basano sulla previsione delle mosse dell’avversario su una scacchiera surreale, costruita da proiezioni e avulsa dal mondo vero, abbandonato come nave alla deriva alla sua sorte.

L’Europa è in una morsa da cui non riesce a togliersi. Non può lasciare al suo destino gli ucraini senza difenderli (le conseguenze sul piano della libertà di tutti sarebbero disastrose) e non può difenderli secondo gli interessi che le sarebbero più propri (la difesa della democrazia e della libertà/parità degli scambi) perché è presa negli ingranaggi di interessi che la sovrastano e cercano, inoltre, di indebolirla. La sua costituzione politica resta fragile e le divisioni interne riflettono come sempre il prevalere dell’interesse particolare su quello generale. Il suo ancoraggio alle tradizioni democratiche è vulnerabile. Alcuni paesi sono di fatto autoritari, la destra illiberale, o apertamente totalitaria, è in crescita e la maggioranza della popolazione vive in condizioni di grande incertezza e di scontento.

Le elezioni francesi hanno mostrato un grande disorientamento dei cittadini e l’astensione enorme dal voto mette in crisi la fiducia in un futuro migliore. La grande maggioranza degli esseri umani vive in condizioni di grave povertà e illibertà. La più grande democrazia del mondo versa in grande crisi etica, culturale e politica, il partito repubblicano è sempre più spostato verso l’estrema destra e le prossime elezioni di “mezzo termine” potrebbero essere disastrose per i democratici.

Dall’Europa fino alle due sponde de Pacifico, il mondo è affettivamente e mentalmente molto confuso. Dalla pandemia siamo usciti psichicamente instabili e privi di voglia di vivere veramente. La pandemia ha reso, tuttavia, evidenti le due più importanti condizioni del disagio collettivo: la dissoluzione degli scambi, che rende il mondo totalmente iniquo e ingovernabile, e la digitalizzazione forsennata della vita che crea isolamento affettivo e disorientamento/ottusità mentale.

Resistere con forza a queste due condizioni, senza perdersi in analisi geopolitiche, è l’unico modo possibile per tornare sani.