La voce delle fiamme che lambiscono il metallo dell’armatura trova eco nello sferragliare metallico. Il Minotauro esce dal mito, fa un balzo nel tempo e torna ad affacciarsi nel presente al Maam, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, città meticcia di Roma, in occasione della retrospettiva A Ferro e Fuoco: Art Revolution di Paolo Buggiani. Opere 1980-2014, a cura di Giorgio de Finis (fino al 6 dicembre ).

Il sorriso sornione esplode in una risata contagiosa, Paolo Buggiani (Castelfiorentino 1933, vive e lavora a Isola Farnese) – è lui il Minotauro – incendia gli animi con il suo entusiasmo e la passione con cui sfida le logiche (commerciali) del mondo dell’arte contemporanea. Il suo messaggio è diretto, libero e insubordinato, puro nella sua integrità, sarcastico quando è necessario. Come, ad esempio, per il No Berlusconi Day dell’ottobre 2009, quando distribuiva tra gli amici le T-shirt con su scritto «tutti zitti, parlo solo io / il cavaliere smascherato» e, prima ancora, nel giorno della commemorazione dello sgancio della bomba atomica su Hiroshima (era il 1982), nel realizzare davanti al palazzo delle Nazioni Unite di New York l’installazione infuocata che raffigurava una famiglia. Altri gesti di protesta, più o meno plateali, fanno parte del suo percorso: allora viveva prevalentemente a New York, dove è nata la sua poetica dell’Urban Mithology. La Grande Mela, o meglio il «labirinto moderno» – come la definisce – è lo scenario di azioni come Trojan Horse, Icaro e Arianna e, soprattutto, Minotauro in cui l’elemento comune è il fuoco. L’idea è quella di rompere le dinamiche del quotidiano introducendo elementi «straordinari» su cui l’osservatore – ignaro – è costretto a riflettere.

Da Houston Street al World Trade Center, Manhattan è il luogo di incursioni, spesso al fianco di amici artisti come Linus Coraggio e Ken Hiratsuka, protagonisti della Rivington School o Keith Haring, di cui Buggiani ha messo in salvo numerosi graffiti metropolitani. In particolare, la banchina del Pier 34, oggi in parte inglobata nel recupero dell’Hudson River Park, è un luogo confortevole, metafora del degrado corrosivo delle dinamiche del sistema. La sua idea di rivoluzione trova lì, in un luogo sporco e abbandonato, un terreno fertile per agire.

Anche il Maam con la sua storia di luogo «meticcio», dove l’arte trae linfa vitale dalla libertà, è il perfetto campo di battaglia per Paolo Buggiani che già nel dicembre scorso, in questo stesso spazio, presentò l’installazione Il mondo a fuoco e, nel giugno 2014, Galera nell’ambito del Festival della performance nomade a cura di Paolo Angelosanto.

Stavolta ricostruisce la Stanza segreta del Minotauro sospendendola in aria e illuminandola dall’interno: questo scenario ospiterà la performance conclusiva della mostra, con il dialogo tra il musicista e compositore statunitense Alvin Curran, altro amico di vecchia data (firmata da lui l’immagine della copertina dell’LP Threads, pubblicato nel 1977 da Steve Lacy, Alvin Curran e Frederic Rzewski), e il Minotauro. Nella Stanza della Battaglia navale ci sarà, invece, il Trimarano e poi, sparse in giro, un centinaio di altre opere tra dipinti, armature, moto «metamorfosate» con cui l’artista ha dato vita negli ultimi trent’anni alle performance documentate nel video, proiettato in loop.

Schierati a parete e per terra gli immancabili rettili metallici un po’ ispirati alla realtà, un po’ giocosamente fantasiosi – coccodrilli (con e senza le ali), tartarughe, serpenti – che arrivano dalla preistoria incarnando, come del resto il Minotauro stesso, la forza primordiale della natura, l’istinto, l’irrazionalità che salva dalla consuetudine e dalla noia. In passato questi «animalacci» che oscillano dalla grandezza naturale al formato giocattolo, hanno navigato in antiche acque (dalla laguna veneziana al Tevere), ma sempre più spesso sono immobili: quasi assopiti sembrano guardare il tempo che passa. Basta poco però – il pugno chiuso che si alza stringendo i pennelli intinti nel colore e mostrando il tatuaggio – per rimettere in moto l’ingranaggio.