La famiglia è al centro – da sempre – dell’immaginario cinematografico e ora televisivo di Pupi Avati, e la sublima in quello che è il racconto della sua vita, dei genitori e del fratello Antonio che con la sua Duea Film s.p.a. ha prodotto le sei puntate di Un matrimonio, film tv in sei puntate in onda a partire dal 29 dicembre su Rai1 per Rai fiction.

Una storia che muove i passi dalla fine della guerra, parte da Sasso Marconi e poi si sposta fra Bologna e Roma e mette al centro il lungo matrimonio che unisce Francesca Osti (Micaela Ramazzotti) e Carlo Dagnini (Flavio Parenti). Lui rampollo di una famiglia benestante andata in rovina a causa del padre, gagà sempre all’ippodromo a scommettere, lei di un operaio e di una casalinga. Si incontrano e si innamorano, si sposano, fanno due figli, scelgono di adottare una bambina paraplegica, e diventano nonni. «Detto così – spiega Avati – sembra che sia tutto rose e fiori, in realtà dentro ci sono crisi e tutte le difficoltà del vivere insieme». Avati ha una concezione molto fideistica della famiglia, rigorosamente cattolica dove tutto ruota intorno a lei, e Micaela Ramazzotti «la madre di Avati» ne è il fulcro: «una donna – sottolinea il regista – solare che si è sempre affidata alla provvidenza, e ha sempre visto ogni momento, anche negativo, come un’opportunità».

Anche gli eventi della Storia, con la S maiuscola, ne escono attutiti, filtrati dalla sottile indolenza di una città di provincia. Come l’attentato a Togliatti del 14 luglio 1948 che passa sullo sfondo, giusto per introdurre la figura del fratello della protagonista, Taddeo (Francesco Brandi), comunista «incorruttibile e puro». «A mia madre ha cambiato più la vita l’invenzione della lavatrice, che le ha permesso di cominciare a leggere, dedicare tempo a se stessa». «Una donna – sostiene Micaela Ramazzotti – che si è caricata sulle spalle tutto il matrimonio. Da ragazza ingenua e un po’ imbranata, a donna adulta: che ha luce dentro. Una donna sana».

Lo scorrere del tempo è quindi tutto concentrato nelle vicende dei protagonisti e dei tanti comprimari del film (quasi duecento…), nella ricostruzione degli ambienti (Giuliano Pannuti) e dei costumi (Francesco Crivellini e Catia Dottori). Avati preferisce lavorare molto sugli attori, anche a scapito di un montaggio che spesso appare (volutamente?) lento.

Christian De Sica, il capofamiglia Pippo Dagnini che dissipa le fortune al gioco quando appare, stretto nel suo paltò di pregio mentre cerca di ottenere una dilazione al pagamento della pigione al padrone, è perfetto. Sembra di rivedere (è un sincero complimento) il padre Vittorio. Una cura anche nel tratteggiare i ruoli minori: Gisella Sofio, la zia monarchica svanita che dice il rosario nominando tutti i reali di casa Savoia, il padre fedifrago (Andrea Roncato), la madre perennemente affranta (Valeria Fabrizi).