Avete presente 500 container pieni di plastica? Ecco, immaginate che il loro contenuto venga scaricato ogni giorno nel Mediterraneo. Più della metà di questa plastica proviene da soli 3 paesi: il 32% dall’Egitto, il 15% dall’Italia e 10% alla Turchia. Insomma, c’è poco da girarci intorno. Il nostro mare sta letteralmente soffocando. Secondo Marevivo, l’associazione che da 30 anni si batte contro l’uso indiscriminato della plastica, ogni anno nel mondo si producono 300 milioni di tonnellate di plastica e si prevede che entro il 2030 si arriverà a 619 milioni di tonnellate. Di questi, 13 milioni di tonnellate finiscono ogni anno negli oceani. L’equivalente di 16 buste colme di spazzatura per ogni metro delle nostre coste. Insomma, quella contro la plastica, che ci sovrasta, può sembrare una guerra impossibile da vincere. Ma si può cominciare con i piccoli passi, che tanto piccoli non sono. E’ questo il motivo che ha spinto Marevivo in collaborazione con Zero Waste Italy a lanciare la sua nuova campagna #BastaVaschette, per ridurre il più possibile l’utilizzo degli imballaggi in plastica, soprattutto nei prodotti alimentari come frutta e verdura. Ne parliamo con Raffaella Giugni, Responsabile relazioni istituzionali di Marevivo.

Perché proprio ora questa campagna?

Il motivo è semplice: non c’è più tempo. Mentre noi siamo qui a parlare e mentre la politica decide cosa fare, il mare soffoca. Se non si agisce in fretta, entro il 2030 l’Ue vedrebbe un ulteriore aumento del 19% dei rifiuti provenienti da imballaggi e, in particolare, del 46% dei rifiuti provenienti da imballaggi di plastica. Attualmente, gli imballaggi sono tra i principali prodotti a impiegare materiali vergini: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzati in tutta l’Ue sono destinati esclusivamente all’imballaggio. Una situazione che esige azioni concrete da parte della politica ma anche dai cittadini che possono fare molto per ridurre questo impatto devastante.

Quindi cosa chiedete alla politica?

Semplice, una legge che vieti utilizzo di confezioni in plastica monouso per l’ortofrutta, settore in cui ogni anno solo nel nostro Paese vengono utilizzati oltre 1,2 miliardi di vaschette in plastica Gli altri paesi europei si stanno già muovendo. Ad esempio in Francia l’utilizzo di imballaggi in plastica è già vietato per una trentina di prodotti ortofrutticoli freschi, la cui confezione non superi il peso di 1,5 kg.

E in Europa che succede?

Sul tavolo c’è una proposta di regolamento della Commissione europea, che intende limitare il ricorso agli imballaggi in plastica monouso, promuovendone il riuso e il riciclo. A questo si aggiunge l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2023 dell’etichettatura ambientale, che impone l’obbligo di comunicare ai consumatori la destinazione finale di una confezione.

E tutto questo non è sufficiente?

Il problema è sentito, visto che ogni cittadino europeo genera quasi 180 kg di rifiuti di imballaggio l’anno, circa mezzo chilo al giorno. Sicuramente il fatto che l’Ue abbia proposto misure concrete per contrastare il problema è un segnale positivo ma, nonostante questo, gli obiettivi non sono abbastanza ambiziosi. Per questo siamo convinti che l’Italia dovrebbe esprimersi con maggiore coraggio e determinazione.

I cittadini possono fare qualcosa?

Soprattutto i cittadini. I grandi cambiamenti partono sempre dal basso e anche in questo caso è necessario che i consumatori italiani diventino più consapevoli delle conseguenze delle loro scelte. E’ assurdo vedere prodotti come la frutta e la verdura spesso dotati di un loro involucro naturale che gettiamo via – pensiamo alle banane – imballati dentro contenitori di plastica. Peraltro si tratta di imballaggi non solo inutili ma anche dannosi visto che contengono sostanze tossiche per salute dell’uomo che possono contaminare gli alimenti, secondo quanto emerso da uno studio pubblicato sull’Environmental Health Journal. Scegliere di acquistare prodotti sfusi ridurrebbe dell’80% l’utilizzo della plastica per questa categoria di prodotti e ci terrebbe maggiormente al riparo da pericolose contaminazioni.

A cosa vi siete ispirati per realizzare questa nuova campagna?

Su gentile concessione della Galleria Borghese, abbiamo rielaborato provocatoriamente il noto capolavoro di Caravaggio Giovane con canestra di frutta, «inquinando» la bellezza e la purezza dell’immagine con una vaschetta di plastica. Un contrasto che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica, invitando i consumatori all’introduzione di abitudini di acquisto consapevoli che possano andare nella direzione di una vera e propria economia circolare. L’obiettivo della campagna #BastaVaschette è quello di ridurre l’utilizzo di queste confezioni, molto spesso non riciclabili, molto dannose per l’impatto ambientale e che la maggior parte delle volte finiscono in mare dove rimangono per sempre, sminuzzandosi e rappresentando una minaccia per gli animali che lo abitano.

La cosa sconcertante è che secondo le ultime proiezioni la produzione di plastica raddoppierà entro il 2040, con il risultato che i detriti di plastica nell’oceano possano quadruplicare entro il 2050. Sono numeri impressionanti.

Purtroppo si. E che hanno ricadute reali sulla nostra salute. Basti pensare che la plastica è stata trovata nei tessuti della placenta umana e nel sangue. Ma evidentemente tutto questo non basta per invertire la rotta pericolosa che continua a mettere l’ambiente, la salute e la qualità della vita in secondo piano rispetto alle esigenze commerciali di un mercato distorto che ci sta portando verso un punto di non ritorno.

Però recentemente avete cantato vittoria.

E’ vero. Ogni tanto si fa un passo in avanti, come quello della legge Salvamare, finalmente approvata a maggio del 2022 grazie anche alle forti pressioni di Marevivo. Una battaglia vinta, certo, ma solo a metà, visto che siamo ancora in attesa dei decreti attuativi. Per la guerra vera, quella contro l’utilizzo sproporzionato della plastica, siamo ancora in alto mare.