Piergiorgio Baita, 66 anni, è stato il vero «gestore imprenditoriale» del flusso miliardario legato al Mose, il sistema di paratìe mobili che la Repubblica ha affidato in concessione unica al Consorzio Venezia Nuova. Ha incarnato l’anima operativa del «sistema Galan & C.» a Nord Est, ma soprattutto si è diligentemente applicato nella continuità manageriale fra il «modello Dc» e la frontiera del project financing dagli ospedali alle autostrade.
I 97 giorni di carcere a Belluno (e il patteggiamento di 22 mesi per i fondi neri a San Marino) lo hanno trasformato. Se il 15 febbraio 2013 sedeva a Padova accanto al ministro Paola Severino nel convegno «Lavoro, carcere, giustizia, impresa», negli ultimi mesi Baita si dedica ad una sorta di consulenza anti-corruzione che potrebbe perfino culminare in manuale.
È uomo mai inattivo, per quanto piegato dalle vicende giudiziarie. Baita, magari, «deve» concedere interviste. Tuttavia, non si tira indietro quando si tratta di rappresentare fino in fondo il meccanismo bipartisan che ha davvero governato il Veneto, e non solo.
«Dal 2003 il Consorzio distribuiva 100 milioni all’anno fra fondi neri, fatture, rimborsi spese, consulenze e ospitalità» sostiene Baita. Ai 5,4 miliardi di lavori e cantieri del Mose, insomma, ci sarebbe più di un miliardo di… pubbliche relazioni. La svolta nel Cvn è giusto nell’anno di Tangentopoli: escono Girola, Lodigiani, Impregilo, insieme all’Iri che aveva espresso il primo presidente Luigi Zanda. Entra Mantovani Spa (di cui Baita è il top manager) con 72 milioni di euro cash, insieme al Consorzio Coop Costruttori di Bologna. Poi la concessione unica del Mose fa scattare il «sistema» in grado di zittire (quasi) tutti. È quel che dimostrerà la Procura di Venezia nelle 711 pagine della maxi-operazione che con Galan, Chisso e Mazzacurati non risparmia esponenti Pd e delle coop “rosse”. Ora Baita sembra pronto a dare prova della sua esperienza, perfino a beneficio dell’Anticorruzione. Gli appalti pubblici? Meccanismo da cambiare. Il controllo dello Stato? Inutile e sconveniente, per Baita. Come si fa? «Basta dire: pago solo ed esclusivamente se l’opera funziona davvero, perfettamente, come da progetto». E l’ex manager Mantovani sembra più che disponibile a indicare come si neutralizzano trucchi, espedienti, meccanismi artefatti. Baita, per ora, scrive in attesa almeno di pubblicare il «saggio» con un editore di primo piano.
Di certo, i collaudi del Mose e delle altre opere di salvaguardia lagunare hanno «impegnato» ben 316 esperti per una spesa di 19,8 milioni di euro. La lista dettagliata è stata ricostruita da Sergio Rizzo: fra un conflitto d’interesse e una sponsorizzazione politica, spiccano sette ex dirigenti dell’Anas e 36 del ministero delle infrastrutture.