Gotthard, tre ore di ambiziosa produzione televisiva sul primo grande traforo degli anni Settanta dell’800, in occasione del nuovo futuribile tunnel di 57 chilometri appena sperimentato e operativo a breve, ha inondato la piazza Grande con l’ormai tradizionale preapertura del Festival di Locarno. L’edizione numero 69 invece inaugura ufficialmente con un titolo eccentrico rispetto al corpo del programma sia del concorso che delle altre sezioni.

Il film prescelto è infatti The Girl with all the Gifts di Colm McCarthy tratto dal romanzo di Mike Carey. Siamo in Inghilterra, dei bimbi vivono segregati e legati alle loro sedie, guardati a vista da militari armati, ma anche scolarizzati e sottoposti a test psicologici e scientifici. Il mondo come lo conosciamo non è più lo stesso: i bambini si trovano in una base protetta dove sopravvive uno dei pochi gruppi ancora umani, mentre fuori un’epidemia ha trasformato tutti in «hungries», zombie assetati e affamati di sangue che infettano quelli su cui mettono i denti. I bimbi prigionieri sono la seconda generazione di hungrie che mantiene caratteristiche sia umane che da zombi.

La storia ruota attorno a Melanie, una bimba reclusa che stravede per la sua insegnante, la signorina Justineau, e quando gli affamati cattivoni occupano la base, guida un drappello di superstiti in cerca di salvezza perché in lei sembrano prevalere le caratteristiche umane. Certo, tocca metterle una maschera antimorso ché la fame fa brutti scherzi, ma è lei stessa a prestarsi a questa prassi, salvo chiedere il permesso di uscire a nutrirsi di gatti o piccioni. Tutta colpa di un fungo che ha contagiato il mondo. Non sarà facile ristabilire l’equilibrio, anzi forse non c’è proprio soluzione.

Cast importante che annovera Glenn Close, Paddy Considine e Gemma Arterton, raffinata e presente di persona sul palco di Locarno a dispetto dell’orrore un po’ grandguignolesco della storia.
E l’inizio sanguinario del Festival è confermato dal primo titolo tragicamente ispirato alla realtà e presentato Fuori Concorso: Un juif pour l’exemple di Jacob Berger. La storia ci porta nel canton Vaud, a Payerne nel 1942. Per tradizione contadina si sgozzano i maiali appesi e si fa quel che si deve. L’anno però induce a riflessioni altre. La crisi economica è devastante, i militari elvetici sparano, in aria, per respingere i profughi che intendono attraversare la frontiera, poi ne raccolgono i bagagli abbandonati per depositarli ordinatamente in comune. L’ordine innanzitutto. La guerra infuria, la Svizzera non ne è coinvolta direttamente, ma gli effetti si fanno sentire. C’è chi desidera aggregarsi ai nazisti e a Hitler, con tanto di sfilate e comizi. In paese c’è Fernand Ischi, garagista, fanatico nazi che con qualche altro simpatizzante sogna di fare un regalo al Fuhrer per il suo compleanno: l’omicidio di un ebreo. E completano il piano, ammazzando Arthur Bloch (Bruno Ganz), commerciante di bestiame. Poi lo fanno a pezzi, come i maiali, e ne gettano i resti nel lago.

Vengono presi e condannati, poi sconteranno meno della pena sanzionata. Insomma, giustizia è fatta, si può nascondere tutto sotto il tappeto e guardare avanti, meglio dopo avere dimenticato. Invece no perché Jacques Chessex, scrittore di Payerne, che aveva otto anni all’epoca dei fatti, dopo diversi decenni, nel 2009, decide di raccontare quella storia scatenando nei suoi confronti un rancore e un odio che neppure gli assassini veri avevano dovuto provare. Sbeffeggiato e osteggiato Chessex muore d’infarto proprio durante un dibattito in cui difende il suo libro e rivendica il diritto di raccontare quella storia infame.

Berger lavora su piani narrativi diversi: la storia è ambientata nella sua epoca, ma con scarti che la rendono attuale (per esempio le automobili sono contemporanee etc. etc.), inoltre vediamo Chessex sia bimbo che si guarda intorno, che anziano smarrito che rivede quel che è successo sino all’epilogo.
I segni inquietanti c’erano già tutti, con il bimbo ebreo legato a un albero in mutande, e attorno quell’aria di indifferenza, terreno fertile per rendere possibile ogni mascalzonata che può trasformarsi in orrore reale, molto più devastante di quello provocato dagli zombi.