L’Europa si trova ad affrontare contemporaneamente molteplici crisi – pandemia, guerra in Ucraina e la crisi economica – che mettono alla prova i valori dell’Unione europea, in particolare quelli che la differenziano da altri soggetti, come Russia e Cina. Se 12 milioni di rom e sinti rappresentano ancora il peggiore e il più drastico caso di esclusione e di disuguaglianza in Europa, la credibilità dell’Ue è alla prova, sia come sistema democratico che include le proprie diverse voci, sia come sistema economico che dovrebbe investire nella capacità di tutti per poter prosperare.

L’antiziganismo, questa forma specifica di razzismo produce una diffusa discriminazione con conseguenze molto pesanti sull’inclusione sociale e civile di rom e sinti in Europa, determinando una disparità di opportunità, con effetti negativi per tutti, non solo sul piano dei diritti sociali, ma anche sul piano economico. La Banca mondiale dimostra che l’emarginazione sociale dei rom provoca reali perdite economiche: in Bulgaria, la perdita annua di produttività vale 526 milioni di euro e in Romania 887 milioni; le perdite fiscali annue vanno dai 202 milioni in Romania ai 370 in Bulgaria. Il riferimento è a Paesi con un’alta percentuale di popolazione romanì, ma questo effetto ha ricadute, in proporzione, in ogni Stato, compresa l’Italia.

Altro esempio. In Europa preoccupa la dinamica demografica e del mercato del lavoro: entro il 2025, la domanda di lavoro supererà l’offerta in Paesi come Repubblica Ceca, Bulgaria, Germania, Ungheria e Slovacchia (Rapporto dell’Istituto di Vienna per gli studi economici internazionali). Entro il 2050 la popolazione in età lavorativa diminuirà di circa il 10% in tutta l’Unione europea (del 30% nell’Europa centrale, dati Eurostat).
In un mondo sovraffollato forse si dovrebbe considerare non così grave la riduzione delle popolazioni dell’Europa bianca guardando alle grandi migrazioni provocate da guerre e miseria e tanto più guardando all’esclusione di 12 milioni di rom e sinti cittadini europei, una popolazione in grande crescita demografica, la cui esclusione produce un danno economico nell’immediato e tanto più in prospettiva.

Occorre trasformare l’esclusione in risorsa: un cambio di rotta che vale la pena sul piano sociale, civile ed economico e che si può e si deve fare a due condizioni. La prima che si rompa lo schema assistenzialismo emarginazione: decenni di pura assistenza, accompagnati da costanti campagne d’odio, hanno accentuato la separazione sociale, aumentato l’emarginazione e peggiorato la condizione di rom e sinti. La seconda che si riconosca che rom e sinti sono una risorsa in grado di partecipare attivamente alla vita sociale, economica, culturale e civile di ogni Paese. Questo non può limitarsi a essere una petizione di principio o un augurio dopo decenni nei quali l’Unione europea ha speso notevolissime risorse per includere rom e sinti mentre le condizioni delle nostre comunità peggioravano.

Fino a quando la politica ci considera oggetti o di assistenzialismo “disinteressato” o di strumentalizzazione per raccattare voti a nostra esclusione sarà un danno per noi e per tutti. Siamo cittadini che non vogliono più essere esclusi dai processi decisionali che ci riguardano e questo non può avvenire solo per gentile concessione di qualche mente illuminata, ma per una scelta politica chiara che investa nella nostra partecipazione diretta alla politica attiva. Per questo vogliamo riflettere insieme alla parte democratica e progressista italiana ed europea su cosa essa può fare per includerci nelle loro agende politiche, e su cosa può fare per far partecipare i cittadini rom e sinti nella vita politica sia come elettori che come candidati. Il 26 maggio alla Camera dei deputati su questi temi si confrontano Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli affari Esteri, Michael Roth, presidente della Commissione affari esteri del Bundestag, Piero Fassino, presidente della Commissione affari Esteri della Camera dei deputati, Laura Boldrini, Emanuele Fiano, Graziano Delrio, Matteo Orfini, Zeljko Jovanovic, direttore del Ufficio Rom dell’OSF, e Dijana Pavlovic portavoce del Movimento Kethane.