Qualunque uomo sbirci nella scollatura di una donna non immagina nemmeno quanto tormento ci possa essere sotto. Non parlo delle tette in sè, ma dell’indumento che le sorregge-contiene-corregge-protegge-affligge, il reggiseno. Prima di capire quale modello vada bene per la propria conformazione, c’è chi ci ha impiegato anche vent’anni e intanto quello, il seno, era cambiato e bisognava ricominciare lo studio-ricerca quasi da capo.

Non sono tanto le decorazioni e i falpalà a dare pensiero chè, dipendendo dai gusti lasciano la sceltà più libera, ma proprio la struttura e la forma. Non essendo le tette tutte uguali per forma e dimensione, e variando nel tempo causa età, gravidanze o modificazioni ormonali, vestirle è ben più complicato che scegliere una giacca o un cappotto. Nei negozi di intimo di una volta c’erano venditrici che, conoscendo il loro mestiere, sapevano quante variabili ci sono per far incontrare a un seno il suo reggiseno ideale. Indovinare la taglia, per esempio, non è così scontato. Bisogna sottrarre la circonferenza toracica sotto il seno da quella sul seno e si ottiene la misura della coppa che va da AA a G, dove le prime sono praticamente piatte e le ultime il contrario. Ma poi bisogna individuare la forma del seno (base larga o stretta, a mela, pera o melanzana), considerare la larghezza delle spalle, la lunghezza della bretella. Da questo conto incrociato viene fuori una combinazione matematica, tipo terza coppa A, ma potrebbe anche essere B, C, D, che solo le adepte della lingerie capiscono.

Fatto questo conteggio, arriva il difficile, la prova dei vari modelli. Fascia alta o bassa, bretella stretta o larga, contenitivo o imbottito, push up o con il ferretto, con cuciture o senza, coprente o trasparente, con bretelle staccabili o a fascia, sportivo, confort o civettuolo? E il colore? Il nero sotto il bianco si vede, il bianco sotto il bianco si nota, il color carne va bene sotto tutto ma appena ti spogli fa crollare l’eros, i colorati vanno abbinati fra loro oltre che con il sopra e quindi è un lavoro. E non parliamo dei tessuti. Il pizzo fa le grinze sotto le magliette sottili, il tulle fa nude look sotto quelle leggere e questo li esclude da un sacco di occasioni sociali. Se in inverno basta concentrarsi sulla forma del reggiseno, in estate si apre la fiera del dubbio. Per molte fu liberatorio quando qualcuno inventò la moda dei reggiseni a vista, non si doveva più coordinare o nascondere, anzi. Poi si arrivò a tali scadimenti di gusto che si tornò sui propri passi.

Se per alcuni anni togliersi il reggiseno o bruciarlo in piazza è stato gesto simbolico di liberazione, ora al mare vedi pochissime giovani osare il topless e va forte la passione per decorazioni e imbottiture. Essendo una che per anni ha usato il pezzo di sopra per legarsi i capelli, mi chiedo se sono io o il mondo a essere diventato vintage.
È anche vero che alcune libertà sono più facili per le meno dotate. Una come Elizabeth Taylor, per dire, avrebbe avuto i suoi problemi a uscire senza reggipetto, tant’è che quando conobbe una delle più famose bustaie di Roma non la mollò più.

«Si chiamava Treppiedi – mi ha raccontato la costumista Nicoletta Ercole – e da lei si fece confezionare un bustino che correggeva i suoi punti critici: seno abbondante, niente punto vita, né sedere. Le prepararono un busto che alzava e separava i seni in modo naturale e le faceva la vita di 57 cm. La Taylor indossò quei busti sotto tutti i costumi di Cleopatra e anche sotto molti abiti da sera». Questo per far capire come un reggiseno può trasformare un problema in una scollatura da star.

mariangela.mianiti@gmail.com