La capacità di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto in politica è spesso sintomo della capacità di saper accettare il compromesso. Ci sono casi in cui, tuttavia, un compromesso al ribasso ha ripercussioni sulla vita dei cittadini e delle future generazioni e non può essere accettato. La votazione del Parlamento europeo della scorsa notte è arrivata dopo giorni di tensione e di impegno profuso da più parti per cercare di evitare ciò che si era palesato negli ultimi giorni e cioè una sterzata rispetto alle ambizioni ecologiche che in tanti avremmo voluto leggere nella proposta di Pac post 2020. Il voto di ieri di fatto indebolisce la forte impronta ecologica auspicata anche grazie al sostegno garantito dalle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 della Commissione. I ministri dell’agricoltura prima e gli accordi tra diverse parti politiche dopo, hanno infranto il sogno di un cambio radicale verso una vera transizione ecologica, in coerenza con il Green New Deal, e ci imporrà un reale confronto con un passato che avremmo voluto non tenere in riferimento.

Eppure, ieri in plenaria e oggi nei commenti, abbiamo sentito dichiarazioni che richiamano ad una PAC «green» in cui, attraverso il voto di ieri, si sarebbero centrati molti obiettivi importanti dal punto di vista quantitativo in ottica agroambientale. Quali obiettivi? Il Green Deal sembra non esistere, di certo non trova concreto spazio. La questione di base rimane sempre la stessa: cambiare paradigma non significa adattare quello attuale aggiungendo qualcosa o togliendo qualcos’altro. Significa, concretamente, prendere un foglio bianco e iniziare a scrivere un modello nuovo sapendo che si parte da una situazione devastante. Sembra invece che si voglia continuare questo approccio miope di chi non vuol comprendere che non possiamo andare oltre. E così facendo, ci si può permettere di affrontare i cittadini, gli elettori appunto, dicendo la mezza verità, ovvero dicendo che questa PAC è più verde, che si sta tenendo in considerazione l’ambiente e che gli agricoltori saranno contenti, invece di dire che non si ha il coraggio di affrontare il mondo dell’agroindustria per spiegare che un politico che vuole davvero la crescita e il rafforzamento dell’Unione oggi può solo scegliere la strada della vera e coerente transizione ecologica. Non bastava avere una PAC più verde della precedente, bisognava avere una PAC capace di dire all’Europa che è il momento di cambiare regime. Alla Commissione Europea va riconosciuto ogni sforzo fatto nei mesi scorsi e solo alla capacità di influenza della Commissione oggi possiamo affidare ancora qualche speranza per contenuti migliorativi nei prossimi giorni.

Ci avviamo adesso verso una settimana cruciale con la definizione di tutte le posizioni prima di raggiungere la negoziazione e il voto finale. Il tempo per sperare in una ravveduta posizione non è ancora esaurito ma i segnali che sono giunti sono disarmanti. Il parlamento sembra un mondo isolato dal contesto, un mondo fatto di persone completamente avulse dalla consapevolezza della situazione in cui si trova il pianeta e il necessario contributo di mitigazione che è richiesto al mondo agricolo. Le scelte fatte sono tutte al ribasso e finiranno per alimentare un modello che nulla ha a che fare con l’agroecologia, con la tutela della biodiversità, con la conservazione delle risorse.