Cosa fa una crema antirughe dentro un calendario? Ferma il tempo. Non è (solo) una battutaccia ma cronaca. Il calendario in questione è quello dell’Avvento, che quando lo hanno inventato scandiva l’attesa lungo i giorni delle quattro domeniche che precedono il Natale, e poi si è imposto nella versione dal primo dicembre alla Vigilia: 24 caselle, dietro cui si celavano scene di storie bibliche, come un gioco da tavolo senza imprevisti ma con quotidiane opportunità. In Germania, dove l’usanza è nata in ambiente luterano a metà Ottocento come serie di quadri alle pareti o segni tracciati sulla porta di casa delle famiglie protestanti, l’idea della suddivisione temporale delle quattro domeniche rimane nella tradizione di accendere settimanalmente una candela collocata dentro un centro tavola dedicato, la corona dell’Avvento; consuetudine arrivata anche in Italia, oltre che attraverso i più recenti mercatini natalizi altoatesini, dal giro che da un paio di secoli seguono certe mode teutoniche: dalla Germania all’Inghilterra a mezzo della casata degli Hannover (Vittoria, Albert e famiglia) , di lì al mondo anglofono tutto, con approdo nel Nuovo Mondo e poi da là di nuovo importazione in Europa.

Candela è una parola chiave: oltre a rifulgere nelle corone dell’Avvento, dopo il 1933 ha soppiantato per capriccio dei nazisti il troppo cristiano – per i loro gusti – calendario dell’Avvento, e invece di aprire finestrelle il rito è consistito nel bruciare ogni giorno la porzione di un cero graduato. Il mito e l’adorazione della luce, come quella degli alberi da cui discende l’O Tannenbaum caro anch’esso ai nazionalsocialisti, è di matrice scandinava, fatto ancora evidente nelle decorazioni proposte dall’Ikea e dal Tiger. Gli sciocchi del Terzo Reich trascuravano il fatto che Sol Invictus e Bambinello fanno tutti parte della stessa parrocchia mitologica, ma del resto non è l’unico né certamente il più grave granchio che gli si può ascrivere.

Tornando alle candele, si trovano anche loro dentro i calendari dell’Avvento 2021 (sì, quelle del noto franchising americano molto in voga; no, non quelle brandizzate da Gwyneth Paltrow). Questo perché la candela è, le riviste femminili ce lo spiegano con fastidioso tic lessicale, la coccola beauty che incarnerebbe i nostri desideri più sfrenati di relax. Perché questo accade: anche l’oggetto-gioco nato per ingannare il tempo è diventato il pretesto per farcire cassetti e caselle di sogni preconfezionati da altri. Bisogna volere il vino, l’olio, la birra, le candele, la cioccolata à la page, le costruzioni, i cosmetici, i gioielli, quelli esposti nella vetrina davanti a cui Audrey sognava a colazione con indosso l’anello trovato nelle patatine.

Attenzione! Nelle caselline numerate si possono trovare anche preservativi per un Avvento all’insegna di durex e diuturnitas, anche se l’amplesso di 24 giorni non esiste neanche nei progetti tantrici di Sting. Più mestamente esiste la versione col cibo per cani e gatti, almeno fino a che gli ignari amici a quattro zampe in trepida attesa della cena, più che del Natale, non reclameranno anch’essi ormai satolli la loro coccola beauty.

A dispetto dell’attuale inevitabile mercificazione anche della stagione d’attesa, come spesso accade l’origine del rito è stata tutta familiare e artigianale e legata all’esigenza di riempire la distanza che ci separa da quello che Thomas Mann chiamava il tempo incomparabile. Lo scrittore cita l’Avvento del 1869 nei Buddenbrook, e racconta del piccolo Hanno che segue l’avvicinarsi del Natale su un calendario a strappo realizzato dall’infermiera.

La prima pubblicazione del gioco dell’Avvento stampata in serie risale al 1902, ad Amburgo, aveva la forma di un orologio di Natale per bambini e riportava sul quadrante l’indicazione di numeri dal 13 al 24; l’anno dopo fu la volta del calendario vero e proprio pubblicato dall’editore di Monaco Gerhard Lang, da molti ritenuto l’inventore dell’articolo calendario dell’Avvento: si trattava in sostanza di due fogli, uno con 24 immagini da ritagliare e l’altro con 24 campi su cui incollarle.

Questa modalità del foglio illustrato ha preso il sopravvento pur continuando ad essere affiancata da casette e, ancora, orologi dell’Avvento; il segna tempo per eccellenza rivisitato in modo ludico e narrativo rimarca il desiderio di dominare il trascorrere delle ore: ed effettivamente il calendario ha la duplice capacità di accelerarlo, il tempo, riempendolo di diversivi per distrarre i bambini e i loro inesorabili quanto manca, o di rallentarlo, frazionandolo a beneficio di adulti per cui domani è la Vigilia e non ho ancora fatto i regali.

Un’evoluzione legata alle stagioni storiche ha interessato anche i motivi e le illustrazioni dei calendari; negli anni Venti i soggetti religiosi sono stati affiancati e scalzati da temi secolari (scene casalinghe, neve, pacchetti, mezzi di trasporto ); il nazismo, dove non è riuscito a soppiantarlo con oggetti più celtici, ha impresso al calendario e a tutto il mondo dell’illustrazione celebrativa di fine anno, una virata al militare: la Casa editrice di Monaco Reichhold & Lang ne ha proposta una versione a figure scorrevoli, soldati salutanti nella fattispecie, titolata German Christmas.

Dopo una battuta d’arresto delle pubblicazioni cartacee tutte per contingentamento delle materie prime attorno al Quaranta, la stampa è ripresa alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando gli editori tedeschi hanno agganciato il mercato statunitense con prodotti dedicati (calendari con cow boy, Casa Bianca, camini accessi). Dagli Anni Cinquanta in poi la produzione ha conosciuto un crescendo, il modello a finestrelle ha preso il posto di quello coi fogli a strappo, a Lipsia è fiorita una tradizione di calendari illustrati a mano, e anche l’esportazione è decollata diversificando gli articoli tenendo conto delle preferenze dei partner commerciali: niente Babbo Natale nei calendari svizzeri, per gli Stati Uniti Angeli sì ma senza ali, nel Regno Unito soprattutto motivi religiosi.

Se negli anni si sono travestiti da calendario dell’Avvento anche gli edifici (pubblici e privati), così a Bolzano ma anche in Austria, Ungheria e naturalmente Germania, ora la conta del tempo, e al netto dei materialissimi cioccolatini, si trasferisce come tutto il resto nella dimensione digitale: sono in voga quelli sul filone musicale ma stanno arrivando anche versioni incentrate sullo shopping on line in cui le sorpresa sono codici sconto che fanno rimpiangere la versione col cibo per gatti. Del resto l’avvento dell’immateriale ha dato una buona frenata anche agli acquisti di crono cancelleria di dicembre che sembra materia di serie b ma è stata cantata anche da Leopardi nello Zibaldone (vedere alla voce «Dialogo di un venditore di Almanacchi e di un passeggere») e da Wislawa Szymborska che nel testo intitolato Voltando pagina nell’antologia Letture facoltative discetta a lungo sui calendari definendoli bestseller dei bestseller.

Nel 2021 si compra ancora l’agenda 2022, il calendario da tavolo e persino gli orologi; ma si potrebbe fare a meno di tutto perché tutto è condensato nello smartphone che ha un sacco di memoria ed è custode delle nostre memorie.
Foto, numeri, indirizzi, corrispondenza, chat, calendari, agende, orologi, sveglie, mappe, green pass, codici di ingresso a qualsiasi cosa, specie a quanto dovrebbe rimanere nascosto; ma se la telefonia è mobile e il contenuto volatile il supporto è materico e grave e come tale, chiunque ne ha fatta esperienza, pericolosamente soggetto a cadute rovinose e tuffi in specchi d’acqua dalla pozzanghere al wc; questo fa di noi, vittime della rottura o della perdita del device, creature perse e prive di coordinate spazio temporali, oltre che di vita sociale e identità.