Un lavoro duro, durato due anni dentro i quali hanno ricavato quattro mesi intensivi di prove assieme, tra un impegno e una tournée dell’uno e dell’altra. Boris Charmatz racconta come con Anne Teresa De Keersmaeker questa singolare esperienza di Partita 2 – Sei solo sia nata nel 2011 quando lui era direttore aggiunto al festival d’Avignone. Un lavoro uno e trino, giocato sulla musica di Bach di cui tre artisti diversi sono coautori, i due danzatori e la violinista, in una alternanza di vuoti parziali e pieni assoluti in cui lo spettatore si trova impaniato eppure protagonista.
Una successione che nella fedele ripetizione di passi e note, cambia continuamente lungo una linea circolare. La base rimane costante, ma cambiando continuamente come in un gioco misterico l’effetto di quanto dal palcoscenico emana nella platea. Un «metodo» di lavoro originale e lanciato nel futuro, cambiando continuamente senso e «peso» alla danza, alla corsa, all’ascolto, alla visione. Una esperienza condotta quasi in isolamento, in un riservato «corpo a corpo», o passo a passo, dove si sdoppiavano solo i due violinisti che poi si sarebbero alternati in scena, e che solo al termine, a spettacolo pronto, ha cercato e permesso l’interlocuzione col pubblico. Oltre alle regole del corpo e dell’orecchio, gli unici punti fermi erano i movimenti che scandiscono quella composizione di Bach, tra giga e ciaccona.
Bella e austera come sempre, Anne Teresa De Keersmaeker interviene solo in seconda battuta a parlare di questa esperienza comune, vera prodige che si mantiene enfant anche nel pieno della maturità, di danzatrice e di donna. Padroneggia la musica quanto la danza: spazia da Webern a Coltrane, da Bach a Beethoven a Schönberg come fossero elementi basilari del bagaglio di una danzatrice. Capace di innalzare un trionfo al violino, per sua molteplicità d’uso, rispetto al pianoforte considerato «strumento classico di musica borghese».
Sono memorabili certe sue rigorose e perturbanti regie d’opera, viste raramente anche in Italia. La musica è solo uno degli strumenti del suo discorso, dove si affacciano disinvoltamente la filosofia e la semiologia. Eppure rivendica a questo suo lavoro con Charmatz, dove la musica ha un ruolo sostanziale nel puzzle complessivo, di essere un semplice punto di partenza; il nucleo, ispiratore e vitale, è tutto nel corpo, prima che nella partitura sonora. Come in una dimostrazione scientifica, o in un gioco matematico (prima la musica da sola, poi la danza da sola, poi assieme) variabili e costanti si combinano secondo geometrie che puntano al corpo, per intero. Che per lo spettatore vuol dire il cuore. Rispetto alla musica, la danza può prenderla come punto di partenza (esergo la definisce, come una citazione celebre per un romanzo) ma il corpo in movimento deve avere e mantenere la sua logica. E cita Bartók, sulle cui note lei ha dato prove straordinarie di elaborazione fisica e di invenzione «narrativa».Un genio precoce è stato il suo, che impose al mondo le sue bad girls Rosas con i loro anfibi, portatrici di nuova e inedita vitalità sulla scena della danza, ribelli e autosufficienti, modello da imitare per molte altre.
Oggi si schermisce, De Keersmaeker, sul gioco di parole per noi italiani inevitabile (ormai portati all’emoticon a ogni costo e sproposito) della seconda parte del titolo di questo suo lavoro, «Sei solo», come in effetti risultano tecnicamente i brani dell’esibizione. Ma la «solitudine» è cacciata indietro, proprio dall’equilibrio che quell’unicità in scena ristabilisce col mondo, con gli altri, con le presenze concrete che popolano la scena grazie alla luce, ai passi, ai suoni. Riempiendola, quella scena che solo la luce muove, di evocazioni, desideri, richiami, moralità. Ma anche di un piacere totale e fisico, come ogni grande esperienza del nostro conoscere e del nostro scoprire.