Un futuro per l’ex Colorificio di Pisa
Beni Comuni Domani il tribunale decide le sorti dell’area
Beni Comuni Domani il tribunale decide le sorti dell’area
Da sabato scorso, chi entra a Pisa dall’Aurelia e si dirige verso Piazza dei Miracoli, non trova più una strada affiancata da rovi incolti, ma un piccolo prato di erbe aromatiche e alberi da frutto che spuntano da aiuole fatte di pietre e di mattoni.
Una sorta di giardino zen postindustriale tra l’asfalto e il filo spinato, frutto di un’azione di guerrilla gardening degli attivisti del Progetto Rebeldia e del Municipio pisano dei Beni Comuni che, a poche decine di metri di distanza dall’Ex Colorificio Toscano «liberato» ad ottobre dell’anno scorso, hanno occupato una parte del campo adiacente a viale delle Cascine di proprietà di Madmoiselle srl – una società appartenente alla famiglia Madonna, conosciuta come una dei più grandi costruttori dell’area pisana e della Toscana settentrionale.
«Un’azione dimostrativa», l’hanno definita gli attivisti, per piantare «un seme di un nuovo rapporto con il territorio (…) contro ogni mira di speculazione edilizia».
Nella città della Torre Pendente è ormai da anni che il business del mattone spinge gli affari, mentre le fabbriche chiudono una dopo l’altra e a dare lavoro sono rimasti l’Università, il Cnr, l’aeroporto e i centri commerciali. I risultati sono devastanti dal punto di vista ambientale. Le strade di Pisa sono tra le più trafficate, mentre i suoi cieli sono attraversati quotidianamente da almeno 150 aerei civili e militari) e da quello sociale. La prossima e ultrapubblicizzata apertura di Ikea in città metterà probabilmente la pietra tombale sul distretto del mobile che fino a pochi anni fa era uno dei punti di forza della zona.
Contro il partito della speculazione ha continuato a battersi il Progetto Rebeldia. Dopo essere stato sgomberato all’inizio del 2011 dalla sua sede di via Battisti per far posto al faraonico progetto della Sesta Porta, il 20 ottobre scorso ha occupato l’ex Colorificio Toscano, di proprietà della J Colors della famiglia Junganns che l’aveva acquistato per chiuderlo dopo pochi anni.
Domani il tribunale di Pisa (è previsto un presidio) deciderà se accogliere o meno l’istanza di sequestro presentata dalla J Colors che poche settimane fa ha presentato al Comune la richiesta di una variazione della destinazione d’uso dell’area a fini residenziali, allo scopo di realizzare appartamenti per un totale di 35 mila metri cubi. Secondo gli attivisti del Progetto Rebeldia, questa è la conferma di quanto era già stato scritto nel libro «Rebelpainting»: «La J Colors, che ha licenziato decine di operai e delocalizzato un marchio storico della città, è giunta a Pisa per un interesse puramente speculativo».
Questa volta, però, non è detto che vinca il Partito del Cemento. In questi mesi intorno all’Ex Colorificio è nata una vera e propria fucina di attività. È cresciuta la solidarietà, al punto chel’appello scritto dal vicepresidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, in cui si chiede al Comune di requisire lo stabile per affidarlo agli occupanti, ha raccolto più di 4500 firme. In un incontro avvenuto giovedì scorso con una delegazione del Municipio dei Beni Comuni, il sindaco Filippeschi ha assicurato che il Comune non ha intenzione di procedere alla variazione d’uso richiesta dalla J Colors, rassicurando anche i lavoratori che operano nelle fabbriche presenti nell’area di via Montelungo dove si trova Rebeldia.
Sempre domani inizierà «Common properties», un’intensa tre giorni di dibattiti e incontri anche con gli operai dfelle fabbriche recuperate in Argentina, in Grecia e in Spagna. Si concluderà domenica con un’assemblea nazionale sull’«assalto alla proprietà privata».
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