Una marea umana ha accompagnato ieri mattina le spoglie di Mohamed Brahmi dalla cité di al Ghazal, all’Ariana (un comune di Tunisi) fino al cimitero di El Jellaz, dove è stato sepolto nell’area riservata ai martiri, accanto a Chokri Belaid, assassinato il 6 febbraio scorso. La bara avvolta in una bandiera tunisina e trasportata da un carro militare ha attraversato il centro di Tunisi passando davanti al ministero dell’interno. Il popolo della rivoluzione si è ritrovato in piazza con un’unica bandiera – quella tunisina – e un unico slogan – contro Ennahdha – per celebrare un nuovo lutto che ha scosso tutto il paese e non solo. Per Mohamed Brahmi, deputato della costituente ed esponente del Fronte popolare, hanno manifestato anche a Parigi e in Svizzera. Il funerale si è svolto con eccezionali misure di sicurezza. Proprio ieri mattina una macchina della Guardia nazionale era stata fatta saltare con un ordigno esplosivo rudimentale a La Golette, il porto di Tunisi. L’unico a non accorgersi della tensione che regna a Tunisi sembra essere il presidente provvisorio della repubblica Moncef Marzouki, che in un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde, sostiene che «in Tunisia tutto va bene». L’atteggiamento incomprensibile del governo, indifferente a quanto sta succedendo, induce l’opposizione a ritenerlo responsabile dei crimini politici. Non tutti gli islamisti restano però a guardare: Rachid Ghannouchi, fondatore e leader di Ennahdha ha infatti lanciato la «guerra santa contro i modernisti». Dopo i funerali molti dei partecipanti si sono recati al palazzo del Bardo, dove si riunisce l’Assemblea nazionale costituente, di cui si chiede lo scioglimento. Ma i manifestanti all’arrivo sono stati travolti da imponenti misure di sicurezza. Alcuni testimoni riferiscono che il numero delle forze dell’ordine era persino superiore ai manifestanti che sono stati investiti da lacrimogeni prima di essere cacciati con i manganelli. A dare man forte alle forze dell’ordine sono intervenuti anche i militanti della Lega per la difesa della rivoluzione – una forza paramilitare – che hanno colpito anche membri dell’Assemblea costituente, un deputato è stato portato in ospedale. Un farmacista della zona dice di avere soccorso numerosi manifestanti con sintomi di soffocamento. Evidentemente l’ordine era di impedire di avvicinarsi al palazzo dove si dovrebbe redigere la costituzione. Ma il popolo della rivoluzione del 14 gennaio 2011 non è più disposto a sopportare delle assemblee inconcludenti e un governo che non sa far fronte ai problemi del paese. Ieri 42 deputati della costituente si sono dimessi aderendo all’appello delle forze politiche tunisine che chiedono il suo scioglimento e la dissoluzione del governo. Dopo due giorni di sciopero generale, proclamati per l’assassinio di Mohamed Brahmi, ora si passerà a una forma di disobbedienza civile pacifica per ottenere lo scioglimento delle istituzioni esistenti, formare un governo di salvezza nazionale che possa guidare il paese verso nuove elezioni, dopo l’elaborazione della costituzione e la sua approvazione con un referendum. Ancora una volta la rivoluzione tunisina sembra individuare consapevolmente forme di lotta non violente per non compromettere il futuro processo di democratizzazione del paese. Sono scelte importanti, condivise da tutte le forze di opposizione al governo della Troika (formato dal partito religioso Ennahdha e dal Congresso per la repubblica ed Ettakatol, laici almeno sulla carta), compresa una scissione di Ettakatol. A sostenere l’opposizione è anche il più importante sindacato tunisino, l’Ugtt, un punto di riferimento durante la rivoluzione. Nel grande dibattito in corso sul futuro del paese gli analisti politici tunisini hanno prefigurato diversi scenari: egiziano, algerino, etc. L’ultimo paragone in ordine di tempo è quello libanese, dopo che la regione di Sidi Bouzid, nel centro-sud della Tunisia, dove è nata la rivoluzione, ha dichiarato la propria autonomia dal resto del paese. Da Sidi Bouzid viene anche Halima, la madre di Mohamed Brahmi, che lei chiama con il diminutivo Hamma. E’ una donna anziana, semplice, ma forte. «Io non sono istruita, sono analfabeta, vivo lontano da tutto. Ma la morte della mia carne, del mio sangue mi ha insegnato molto. Ora so che gli islamisti sono dei criminali e bisogna allontanarli dal potere. Ennahdha si proclama partito di dio, ma i suoi seguaci non conoscono la religione».