Un esposto depositato alla procura di Roma chiede di indagare sulle responsabilità italiane relative alla «strage di Pasquetta»: 12 ragazzi morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. La tragedia è avvenuta tra il 10 e il 15 aprile di quest’anno: «In zona Sar maltese sono deceduti dieci eritrei e due etiopi. Altri 51 profughi, tra i quali due bambini piccolissimi, sono stati riportati contro la loro volontà in Libia, dove sono stati rinchiusi nel centro di detenzione di Tarek al Sika, uno dei lager tra i più tristemente famosi della Tripolitania». È quanto si legge in una nota dell’ong Open Arms, che è tra i promotori dell’esposto insieme al comitato Verità e giustizia per i nuovi desaparecidos e al senatore Gregorio De Falco.

«Dalla ricostruzione della vicenda – prosegue Open Arms – sono emersi due fatti inspiegabili, che prospettano condotte tali da configurare concrete ipotesi di reato e di violazione del diritto internazionale: l’enorme ritardo dei soccorsi (sono passati ben 5 giorni prima che si registrasse il primo intervento concreto); la deportazione dei naufraghi in Libia, paese che non può definirsi “porto sicuro” e che, per di più, dista quasi 150 miglia dal punto in cui si trovava il gommone in difficoltà, mentre Lampedusa era a meno di 30 miglia. Essendosi la tragedia consumata nell’enorme zona Sar maltese, l’attenzione generale si è concentrata sulle decisioni prese da La Valletta. In realtà, ad analizzare i fatti, l’Italia non sembra esente da gravi responsabilità»

Il gommone con i 63 profughi (in maggioranza eritrei, qualche etiope e alcuni sudanesi) era partito la sera del 9 aprile da Garabulli, puntando verso nord. Già il giorno dopo non era più in grado di reggere il mare e aveva lanciato una richiesta di aiuto ad Alarm Phone. I volontari avvertirono i Centri di coordinamento dei soccorsi di Malta e Roma ma era comunque già stato avvistato da un aereo da ricognizione dell’agenzia europea Frontex, la quale a sua volta ne aveva segnalato la presenza sia a La Valletta che a Roma. Nel lanciare la richiesta erano stati chiari: «Il compito di organizzare eventuali operazioni di soccorso non spetta a Frontex ma alle autorità marittime competenti, debitamente avvisate».