Il tempo che sta dentro gli intervalli dei numeri e degli alfabeti mentre precipitano in verticale. Che intercorre fra una spedizione e all’altra di messaggi mai arrivati al mittente. Che «inciampa» fra i bollini colorati per ventidue metri segnando vuoti e accumulazioni. Il tempo, dunque, è un principio di «ordine nel disordine» (come recita un suo celebre arazzo), ma anche l’esatto contrario: lo scompiglio del previsto per addentrarsi nell’improvvisazione dettata dal ritmo esistenziale che – a volte – spezza quello limpidamente concettuale.

IN ALIGHIERO BOETTI (1940 – 1994) la dicotomia è linfa vitale, non c’è mai un termine a vincere sull’altro, ma soltanto un altalenare fra due opposti, inconciliabili e, proprio per questo, poetici fino al paradosso. Anche lo sdoppiarsi, il gioco enigmatico e enigmistico dei due «sé» che si tengono per mano (e si fanno gli sgambetti, perché lo scapigliato non sempre va d’accordo con il gemello perbene) fa parte di questa scacchiera artistica. Così come il viaggio, l’ignoto Afghanistan in cui si giunge grazie al guadagno di una manciata di soldi quasi per caso e che invece è terra di radici, di antenati, tradizioni antiche e pratiche sciamaniche.

OGGI, 16 DICEMBRE, Boetti avrebbe compiuto ottant’anni. Lui non c’è più per «mettere al mondo il mondo», come diceva sorridendo, ma torna nella materia impalpabile dei pixel. Sky Arte lancia, infatti, in Museovisione un documentario sulla sua vita: dalle ore 10 alle 18 Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman (di Amedeo Perri e Luca Pivetti, produzione Sky e Tiwi) sarà visibile in chiaro sui siti internet di sei musei: Castello di Rivoli, Torino; Centro Pecci, Prato; Gamec, Bergamo; Madre, Napoli; Mambo, Bologna; Maxxi, Roma. Alle 21.15 andrà in onda su Sky Arte anche on demand e, in streaming, su Now tv.

TRA TESTIMONIANZE di famigliari (i figli Agata e Matteo, il ricordo di Anne Marie Sauzeau, la seconda moglie Caterina), storici dell’arte (Angela Vettese), artisti (Favelli, Arienti, Sissi), fotografi (Giorgio Colombo), galleriste (Bonomo) scrittori (Tommaso Pincio), semiologi (Bartezzaghi), presenze quasi alchemiche (Salman Ali), fotografie, immagini di repertorio e le opere stesse, il documentario ripercorre la luccicante parabola creativa di Boetti, dagli esordi nell’Arte povera fino alle collaborazioni con le ricamatrici afghane per le sue mappe e i tanti arazzi-rebus. L’invasione sovietica del paese lo renderà orfano dell’Afghanistan, ma poi ci sarà l’Africa, Zanzibar e anche il Giappone, con il maestro calligrafo, Enamoto San. Sempre, regina del suo fare, la penna biro, strumento semplice per ricalcare (a volte) e insieme reinventare la realtà con tutte le sue imperfezioni.