La battaglia della Somme fu uno dei capitoli più spaventosi della Prima guerra mondiale. Solo nel giorno di debutto dei combattimenti, il 1° luglio del 1916, dei circa 120mila soldati britannici che partecipavano all’assalto delle prime linee tedesche, la metà fu ferito e ci furono 20mila morti. Un annuncio dell’autentica carneficina che si sarebbe compiuta nel nord della Francia, dove tra il luglio e il novembre di quell’anno si conteranno oltre un milione di caduti: una strage che almeno nell’immediato pesò poco sul conflitto, provocando soltanto un arretramento di pochi chilometri dell’esercito del Kaiser.

IN QUEI GIORNI il 24enne John Ronald Reuel Tolkien, arruolato nel 11° battaglione dei Lancashire Fusiliers, si trovava ancora nelle retrovie. Per lui il battesimo del fuoco sarebbe arrivato il 15 luglio. «Alle due del mattino i soldati si lanciarono fuori dalle trincee, in direzione del nemico, attraversando la confusione fangosa dei cadaveri sparpagliata nella terra di nessuno». Ma, poco dopo, «il fuoco delle mitragliatrici tedesche arrestò l’attacco, e loro furono costretti a ritirarsi da dove erano venuti, riportando numerose perdite».
Per Raymond Edwards, critico letterario britannico e autore di Tolkien. La biografia definitiva (Alcatraz, pp. 400, euro 29) è solo guardando al bagno di sangue della Somme che si può cogliere il nesso più profondo che corre tra la vita dell’autore del Signore degli Anelli e la sua straordinaria opera. Dopo settimane di scontri, Tolkien aveva contratto «la febbre delle trincee», trasmessa dai pidocchi che infestavano quegli avvallamenti scavati in un terreno reso simile ad una palude dalle piogge costanti, che nei casi più gravi poteva portare anche alla depressione. Date le sue condizioni precarie, all’inizio di novembre del 1916 sarebbe stato rimpatriato per essere ricoverato in quell’ala dell’università di Birmingham trasformata in una sorta di ospedale da campo per i militari malati che rientravano dalla Francia. E sarà qui, sottolinea Edwards, che «prima durante la convalescenza in ospedale, e poi nel corso di una serie di incarichi di servizio in patria, che nacque l’opera della sua vita: un corpus di scritti immaginativi il cui tema dominante, come dichiarò molto più tardi, era la Morte».

PRIMA DI ESSERE nominato ufficiale segnalatore, Tolkien era stato assegnato al quartier generale del battaglione e aveva potuto godere di qualche giorno sereno malgrado si trovasse a ridosso dei combattimenti. Aveva scritto qualche poesia, come era sua abitudine – una in particolare dedicata alla moglie Edith -, ma aveva preso anche appunti per il progetto che iniziava a delinearsi nella sua mente. Nel villaggio di Bouzincourt, dove era di stanza, osservò ad esempio i tunnel scavati dall’uomo che in inverno offrivano rifugio a uomini e animali: un dettaglio che potrebbe ricordare le caverne sopra il fosso di Helm del Signore degli Anelli.

COSÌ, SEBBENE si dovranno aspettare decenni prima che i personaggi e il ciclo narrativo ispirato al mondo creato da Tolkien vedano la luce – Lo Hobbit nel 1937, addirittura il 1954 per Il Signore degli Anelli -, sarà proprio all’indomani dell’esperienza al fronte che lo scrittore metterà su carta le prime storie di The Book of Lost Tales (in italiano Racconti Ritrovati e Racconti Perduti), dove si narra «la distruzione di una città elfica per mano di orde di Goblin e demoni di fuoco muniti di diaboliche armi meccaniche da assedio».
Nelle pagine della biografia firmata da Edwards si succedono gli avvenimenti che hanno segnato la vita di Tolkien. Dalla prima infanzia trascorsa a Bloemfontein, in Sudafrica, fino al trasferimento a Birmingham e alla conversione al cattolicesimo della sua famiglia, dall’affidamento ad un sacerdote cattolico dopo la morte dei genitori fino agli studi all’Exeter College di Oxford; dall’insegnamento nell’ateneo di Leeds, fino alla nomina, nel 1925, alla cattedra di filologia anglosassone dell’Università di Oxford, dove sarà a lungo legato da profonda amicizia con C. S. Lewis, l’autore delle Cronache di Narnia, con cui animerà il circolo degli Inklings.
Alla vita pubblica si alterna la vita privata: il fidanzamento e poi il matrimonio con Edith Bratt e la nascita dei loro quattro figli, tre maschi e una bambina. Ma c’è spazio anche per una passione mai celata per il rugby, come per le rilassanti fumate in compagnia di una pipa.
Se la passione per le fiabe e i miti dell’antica Inghilterra, il «senso del nord» che accompagnava i suoi interessi prima di adolescente e quindi di attento filologo, costituiranno l’ossatura della sua attività letteraria – inseguita da sempre ma riconosciuta pubblicamente solo dopo gli anni Trenta -, l’esperienza della guerra segnerà in modo indelebile il suo sguardo. Le minacce che gravano sulla Terra di Mezzo come sull’intero mondo mitologico ricreato da Tolkien continueranno ad assomigliare all’inferno di fuoco e di sangue al quale lui stesso era sopravvissuto a stento. «Di certo – scrive Edwards al riguardo -, la scrittura di Tolkien è legata ai suoi studi dai vasti interessi, ma anche alla reazione immaginativa di un cattolico estremamente sensibile e colto al trauma sconvolgente della Prima guerra mondiale, che è tutt’ora un’esperienza collettiva che forma e limita la nostra visione dell’uomo ‘civilizzato’».

ALLO STESSO MODO, ci assicura ancora Edwards, se nella visione di uno scontro inevitabile tra il «bene» e il «male» che accompagna l’opera di Tolkien, emerge tutto il portato del suo sentimento religioso, ciò che ne fa davvero «uno scrittore specificamente cristiano è la sua convinzione assoluta del potere e della validità, sotto l’occhio di Dio, della nostra capacità di raccontare storie». Per questo «creatore di mondi» la guerra era stato il peccato più grande dell’uomo che forse poteva essere mondato solo se fosse stato raccontato altrimenti. La salvezza della Terra di Mezzo parlava all’umanità intera.

 

MOSTRE A TEMA

Tolkien, voyage en Terre du Milieu. Si intitola così la mostra ospitata dalla Bibliothèque Nationale de France di Parigi fino al 20 febbraio che costituisce l’omaggio più consistente tributato oltralpe all’autore del Signore degli Anelli. In uno spazio espositivo di più di 1000 metri quadrati sono stati raccolti gran parte degli oggetti già al centro dell’esposizione di Oxford Tolkien: Maker of Middle-earth, oltre a manoscritti inediti e a una serie di illustrazioni originali appositamente realizzate da Alan Lee, il primo illustratore della saga degli hobbit.
Suddivisa in tre sezioni, la mostra è preceduta da uno spazio introduttivo che presenta la figura di Tolkien anche grazie ad una registrazione originale della sua voce. Si accede quindi alla prima parte, dedicata interamente al mondo della Terra di Mezzo, raccontato attraverso oltre duecento manoscritti provenienti sia da Oxford, dove Tolkien svolse gran parte della sua carriera che dalla Marquette University del Wisconsin che custodisce un’ampia collezione a lui dedicata.
La seconda parte è dedicata agli anni di Oxford, alla vita professionale come a quella familiare e propone gli originali di testi accademici, come gli studi sul Beowulf, e rielaborazioni come La Leggenda di Sigurd e Gudrún. La terza parte, infine, propone una riflessione sull’influsso dell’opera tolkieniana sulla cultura popolare: dai giochi di ruolo ai videogiochi fino al cinema.
Accanto ai manoscritti e alle foto che raccontano la biografia di Tolkien, sono poi esposti reperti che evocano l’immaginario dell’autore: mappe di Atlantide, armi antiche e medievali, dipinti preraffaelliti e del Rinascimento fiammingo. (gu.ca.)