L’intellettuale «jugoslavo» – come ama ancora definirsi – Predrag Matvejevic guarda il risultato delle elezioni europee con lo sguardo puntato a Est. Per molti anni Matvejevic, autore di Breviario Mediterraneo (Garzanti) e, tra tanti altri, del più recente Pane Nostro (Garzanti), ha vissuto in Italia e Francia, e da poco è tornato nella sua Zagabria.

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Come commenta l’affermarsi delle destre xenofobe e antieuropee in queste elezioni?

Mi sembra che il voto confermi l’esistenza di due realtà: l’Europa e l’altra Europa, che non riescono ad avvicinarsi realmente l’una all’altra, e ancor meno a unificarsi. Questo è confermato tanto dall’astensionismo, quanto dall’affermarsi delle forze antieuropeiste. Europa, America e gran parte del resto del mondo, sono sorprese da eventi evidenti, che quasi nessuno poteva prevedere nei paesi detti dell’Est: una grande crisi ciclica, tra le più gravi degli ultimi cento anni, si è allargata e continua a manifestarsi nella società e nell’economia tanto a Est quanto a Ovest, assediando la politica e la cultura, generando situazioni che non avevamo potuto immaginare. Solo dieci anni fa, difficilmente si poteva pensare che il cosiddetto capitalismo finanziario avrebbe messo in pericolo l’esistenza del capitalismo. Lo stesso vale per un sistema bancario che frena il funzionamento delle stesse banche per una buona parte dell’Europa; una specie di capitalismo selvaggio oggi invade i paesi che fino a ieri erano considerati anticapitalisti. La crisi spinge i più poveri a sostenere i possessori delle ricchezze pur di conservare il posto di lavoro in pericolo o di ottenerlo – per mantenere un livello di vita normale o quanto meno più adeguato. Anche qui in Croazia, la destra ha vinto, anzi sta vivendo il proprio trionfo. Vista la situazione, abbiamo comunque sperato che vincesse la coalizione al governo, una sinistra borghese e senza un programma sufficientemente articolato. Le nostre speranze sono state smentite.

Cosa è cambiato nelle società dell’Est rispetto a 25 anni fa, quando crollava il muro di Berlino?

Siamo di fronte all’inversione dei valori nei quali molti credevano e per i quali si sono sacrificati. Da lungo tempo, ormai, la politica ha perso alcune delle più rilevanti referenze culturali. Evita persino di stimolare la nascita di una qualche cultura politica positiva. Gli intellettuali sono dispersi, operano sparpagliati, nei propri ambienti e nelle esclusive competenze. I singoli intellettuali non riescono a unirsi e operare insieme; i detentori del potere per lo più, li ignorano o li costringono a dedicarsi a loro stessi. Fatte le solite eccezioni, la voce degli intellettuali si fa poco sentire nella società al momento del varo di importanti decisioni; e troppo poco viene rispettata anche quando riesce a farsi sentire. Il «dissenso» di una volta, che osava rischiare tanto durante i regimi stalinisti e post-stalinisti, non opera più. L’intellettuale critico è condannato alla solitudine. L’altra Europa, è stata pensata diversamente, ma ha trovato davanti a se il muro conservatore dell’Europa che non le ha dato il posto che meritava.

Se questa è la sua diagnosi in riferimento all’altra Europa, come commenta il risultato del Front National?

Ho vissuto a lungo in Francia e la conosco bene, ma la vittoria del Front National è per me una grande sorpresa. Si tratta di un risultato causato dell’inerzia e l’inattività della sinistra sul piano sociale, che ha lasciato tanto spazio alla destra, una destra ben organizzata e aiutata. Sperò che la Francia troverà presto il modo di riprendere la spada dalle mani di questa destra pericolosa.

Lei che si è occupato del Mediterraneo, cosa pensa della situazione greca?

Il popolo greco vive una situazione economica terribile, un’oppressione. Per alcuni versi, la tirannia in Grecia non è stata mai sufficientemente sconfitta. In questo senso, il voto greco non mi sorprende. Anche il Mediterraneo stesso è un’altra Europa, davanti alla quale l’Europa conservatrice e opulenta ha costruito un muro, chiudendosi nel proprio egoismo. Manca una soluzione per l’intera area, una politica mediterranea. Già in Breviario mediterraneo esprimevo un certo pessimismo, che registrava l’incapacità e il disinteresse dell’Europa di costruire un legame sostanziale con il mondo mediterraneo, la culla della propria civiltà. Senza una politica mediterranea, senza un legame tra sud e nord, l’Europa non potrà andare avanti.