Un calcio all’occupazione, la squadra di mutilati di Gaza
Striscia di Gaza A Deir al Balah è nato un team formato da palestinesi feriti durante l'offensiva israeliana Margine Protettivo del 2014 e ai quali è stata amputata una gamba. A loro potrebbero aggiungersi i disabili del fuoco dei cecchini israeliani contro la Grande Marcia del Ritorno.
Striscia di Gaza A Deir al Balah è nato un team formato da palestinesi feriti durante l'offensiva israeliana Margine Protettivo del 2014 e ai quali è stata amputata una gamba. A loro potrebbero aggiungersi i disabili del fuoco dei cecchini israeliani contro la Grande Marcia del Ritorno.
Si chiamano gli “Eroi”, non per presunzione, lo sono davvero. Superando il trauma dell’amputazione di una gamba e le perplessità iniziali di parenti e amici, 14 giovani palestinesi feriti nei bombardamenti aerei israeliani del 2014, hanno dato vita a una squadra di calcio di mutilati a Deir al Balah, a sud di Gaza city. «Sono ragazzi eccezionali, hanno una grande forza, non solo fisica», dice Fuad Abu Ghalion, 61 anni, che in collaborazione con l’Organizzazione per la Riabilitazione dei Disabili, ha dato vita tre mesi fa all’Associazione Calcio Amputati. «Sono giovani – spiega – desiderosi di vivere e divertirsi, nonostante la mutilazione. Sono più forti delle bombe sganciate dagli israeliani».
Sul piccolo campo da calcio nel parco giochi del comune di Deir al-Balah, senza le protesi, aiutandosi con le stampelle di metallo, gli “Eroi” corrono e sono incredibilmente abili nel dribblare e passare la palla durante partite in due tempi di 25 minuti. «È cominciato il Ramadan e al mattino i ragazzi preferiscono rimanere a casa, in questo mese si alleneranno la sera», dice Abu Ghalion scusandosi per l’assenza dei suoi atleti. Mostra foto e filmati dei suoi ragazzi impegnati sul campo verde. Nour Shamia, 26 anni, invece è mattiniero nonostante il digiuno. Da sempre ama il calcio. «Qui a Gaza siamo pazzi per questo sport, ci piace giocarlo e guardarlo in tv, quando c’è il derby tra Real Madrid e Barcellona nelle strade non c’è nessuno, tutti sono incollati allo schermo». Nour non parla volentieri di quel giorno del luglio 2014 quando rimase ferito in un bombardamento. Dopo aver perso la gamba, spiega, per lui è cominciata un’esistenza nuova, diversa, fatta di cose che non potrà mai più fare. Sa che le stampelle con ogni probabilità lo accompagneranno per tutta la vita. «Con il tempo – racconta – dopo mesi di riabilitazione, ho scoperto che la mutilazione non era la fine di tutto e che avrei potuto praticare uno sport. Far parte di questa squadra di calcio è una bella sensazione. Il mondo deve sapere che a Gaza amiamo la vita e abbiamo talento». La sua storia è uguale a quella degli altri componenti del team, fatta inizialmente di depressione e frustrazione e poi di voglia di ricominciare, anche grazie al calcio.
In queste settimane negli ospedali di Gaza, i medici sono stati costretti ad amputare una gamba o un braccio a non pochi dei feriti dal fuoco dei cecchini durante le manifestazioni della “Grande Marcia del Ritorno” lungo le linee di demarcazione con Israele. Una scelta dolorosa imposta dalla gravità delle ferite. «I chirurghi nei nostri ospedali fanno sempre tutto il possibile per evitare una mutilazione a un giovane che ha davanti tutta la vita ma i proiettili (sparati dai militari israeliani, ndr) provocano danni estesi e irrecuperabili alle ossa e ai muscoli rendendo talvolta impossibile salvare l’arto. Senza dimenticare che molti feriti avranno bisogno di 3-4 interventi chirurgici nel corso del tempo», spiega il dottor Ahmed Mhanna, direttore del reparto di ortopedia dell’ospedale al Awda. Nuovi disabili perciò si aggiungeranno a quelli causati delle offensive israeliane del 2008, 2012 e 2014. «Gaza ha un alto numero vittime di bombardamenti che fanno i conti con disabilità di vario livello. Noi ci occupiamo di bambini e ragazzi e una parte del nostro programma purtroppo prevede la consegna di protesi a chi non ha più una gamba o un braccio. È terribile», ci dice Steve Sosebee, presidente della ong Palestine Children’s Relief Fund che opera a Gaza e in Cisgiordania. Secondo le statistiche ufficiali sono 25.000 i palestinesi di Gaza rimasti feriti negli ultimi 10 anni durante le offensive dell’esercito israeliano, centinaia dei quali hanno subito amputazioni.
Fuad Abu Ghalion crede che il calcio praticato dai disabili sia una delle risposte migliori che i palestinesi possano dare all’occupazione israeliana e un segnale al mondo della vitalità dei gazawi. «Presto gli ‘Eroi’ saranno affiacati da altri team. L’obiettivo è dare vita a una lega del calcio per i mutilati e a una nazionale che possa competere in tornei in tutto il mondo» annuncia Abu Ghalion. «Il sogno è mettere insieme una squadra femminile. A Gaza nulla è impossibile».
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