Carl Schmitt era una sorta di «reazionario giacobino»: un critico radicale della modernità, ma dall’interno, tendendone all’estremo i concetti. I legittimismi codini gli erano estranei: quando una credenza politica è caduta, esaurita, è inutile e persino ridicolo pretendere di tenerla in piedi forzosamente. Questa impostazione gli ha permesso di cogliere tanto le logiche e i rischi della politica «assoluta» quanto il nesso – che ci riguarda potentemente, nel mondo globale senza nomos – tra spoliticizzazione, deterritorializzazione e tecnocrazia. Per questo Schmitt resta un pensatore decisivo, anche e per certi versi soprattutto per la sinistra (perlomeno per una sinistra che non...