La tornata elettorale più importante prima delle elezioni di medio termine, che si terranno in novembre, ha confermato la tendenza che si percepisce dall’elezione di Trump: sempre più donne sono entrate nella gara politica statunitense.

Sono andati alle urne per le primarie di entrambi i partiti, gli elettori di Ohio, Kansas, Michigan, Missouri e Washington, e la vittoria di Gretchen Whitmer alle primarie democratiche per la carica di governatore del Michigan e quella di Laura Kelly, sempre democratica, per il governo del Kansas, hanno portato a 11 il numero di donne in corsa per la carica di governatore, a novembre, spesso contro candidati maschi e repubblicani.

Sempre in Michigan Rashida Tlaib si è imposta per la candidatura democratica al Congresso e se dovesse vincere diventerebbe non solo la prima donna musulmana ma anche la prima di origine palestinese-americana eletta. Oltre le 11 candidate governatore, ci sono infatti almeno 182 donne in corsa per la Camera dei rappresentanti. Debbie Walsh, direttrice del Center for American Women and Politics ha dichiarato: «Questa è stata una stagione elettorale ricca di record per le donne, e si continua sulla stessa linea».

Nello Stato di Washington la gara, a novembre, sarà tutta al femminile: la democratica Lisa Brown affronterà Cathy McMorris Rodgers per un seggio alla Camera, mentre la repubblicana Susan Hutchison sfiderà la senatrice Maria Cantwell. Secondo un’analisi recente della Bbc, le donne democratiche potrebbero anche superare in numero i loro colleghi bianchi, alla Camera, dopo novembre. Il motore di questa ondata di partecipazione è una diretta conseguenza dell’elezione di Trump: più di 40.000 donne hanno espresso interesse a candidarsi. La Emily’s list, comitato d’azione politico incentrato sul reclutamento elettorale di donne, parla di un aumento di candidature femminili senza precedenti, rispetto alle meno di 1.000 donne che sono riuscite a raggiungere il loro obiettivo durante l’ultimo ciclo elettorale.

A collaborare a questa ondata è stata di certo la repulsione per un presidente impresentabile e un vice presidente ancora peggiore in termini di misoginia, ma anche, volenti o nolenti, la candidatura di Hillary Clinton, prima donna a correre per la presidenza degli Stati Uniti, che di fatto ha vinto, con 3 milioni di voti di scarto, il voto popolare. Il suo sforzo comunicativo era imperniato sulla riscossa femminile. Dalla scelta di vestirsi di bianco come le suffragette, al discorso fatto della sconfitta rivolto alle bambine, una breccia nell’immaginario tetto di vetro, l’ha messa lei.